Con la chirurgia plastica è più facile ritornare a correre ed evitare le misure più drastiche

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La chirurgia plastica serve anche per preservare gli arti in seguito ad un trauma, infatti senza l’intervento del chirurgo plastico le misure drastiche potrebbero crescere in modo esponenziale.

 

La chirurgia plastica è fondamentale nella cura dei traumi ortopedici. La sua tempestiva entrata in campo, a poche ore da un incidente, è un elemento importante per determinare il recupero della funzionalità e, di fatto, la sopravvivenza degli arti traumatizzati. 
Ecco quindi che un elemento fondamentale dell’équipe chiamata a trattare i traumi complessi è senza alcun dubbio il Chirurgo Plastico

«È un impiego poco noto della Chirurgia Plastica – spiega Malan, responsabile del Reparto di Chirurgia Plastica presso il C.T.O, Centro Traumatologico Ortopedico della Città della Salute e della Scienza di Torino -, e proprio per questo da diffondere il più possibile nella società».

Proprio a questo tema è dedicata la sessione congressuale “La microchirurgia nella traumatologia e negli esiti traumatici” del 65mo Congresso Nazionale della Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica SICPRE, tenutosi a Torino dal 21 al 24 Settembre 2016 e presieduto da Fabrizio Malan e Stefano Bruschi.

«In un numero non trascurabile di casi il trauma complesso, avvenuto specialmente in seguito a incidenti stradali, comporta un rischio concreto di amputazione – spiega Malan – . In quanto, pur avendo un’integrità soltanto parziale dell’osso, la gamba è in grado di recuperare. L’osso può essere fatto ricrescere con tecniche come quella di Ilizarov, che permette di recuperare dei lunghi frammenti di osso». 
Tuttavia, la grande maggioranza delle amputazioni degli arti dopo incidenti è dovuta alla insufficiente vitalità dei tessuti muscolari e soprattutto cutanei che devono “coprire”, ovvero proteggere e nutrire, le ossa che l’ortopedico rimette nella giusta posizione. Con un’adeguata copertura l’osso può anche essere fatto ricrescere, ma senza di quella è destinato a morire.
«In questi casi, il rischio di amputazione non è tanto legato al problema dell’osso, ma al fatto che non c’è possibilità di dargli una copertura adeguata. A volte, infatti, non risulta nemmeno possibile proteggere semplicemente le arterie e le vene atte ad irrorare non soltanto la gamba nella zona della lesione, ma anche il piede per garantirgli quella sensibilità utile per la normale percezione degli ostacoli, ma anche per evitare la creazione spontanea di danni importanti a carico degli arti inferiori»

Risulta allora fondamentale che ortopedico e chirurgo plastico valutino il paziente e procedano insieme fin dal primo momento, in modo da preservare il più possibile tessuti ossei, muscolari e di rivestimento.

«La copertura, che è resa possibile dalla possibilità di espandere la cute e di inserire degli innesti anche complessi, permette di avere una totale protezione sia delle parti nobili dei tessuti della gamba, sia permette un corretto processo di guarigione ed ossificazione che può garantire una ripresa funzionale completa – spiega Malan –. I tempi lunghi, quelli ricostruttivi, richiedono sempre e spesso numerosi interventi, ma in compenso permettono di creare con i pazienti anche un rapporto di lavoro di continuità che viene spesso ripagato con una maggior collaborazione anche da parte dei pazienti».