Come sono nati i Raggi X?

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«Io non ho pensato, ho sperimentato». Con questa semplicità, spiegava al mondo il proprio genio l’uomo che scoprì per primo come “fotografare” l’invisibile. 

L’8 novembre 1895 fu il giorno che segnò la carriera di ricercatore per lo scienziato Wilhelm Conrad Röntgen, scopritore dei Raggi X.

A quel tempo, dopo la scoperta dei raggi catodici, avvenuta nel 1876 per merito del fisico tedesco Eugene Goldstein, l’argomento divenne molto dibattuto negli ambienti scientifici, poiché era ancora incerta la natura dei raggi stessi.

Röntgen a causa del suo daltonismo, era solito oscurare completamente la sala durante i suoi esperimenti; una sera si accorse che un foglio di carta su cui era stata scritta la lettera “A” con una soluzione di platinocianuro di bario brillava di luce emessa da raggi invisibili, provenienti dal tubo vuoto con cui stava lavorando. 

Nel tentativo di scoprire le qualità dei raggi, mise la mano sulla traiettoria del fascio di raggi, e si accorse che sul foglio si vedeva l’ombra delle ossa della mano; notò che tali raggi, chiamati “X” in quanto sconosciuti, scaturivano dal contatto dei raggi catodici con l’anticatodo nel tubo

In seguito capì che inserendo un oggetto tra l’emettitore dei raggi e una lastra fotografica era possibile fissare le immagini ottenute, e conservarle nel tempo.

Dopo pochi giorni la moglie Bertha si prestò a tenere ferma la sua mano sulla lastra per un tempo di quindici minuti, ottenendo come risultato il famoso prototipo della radiografia delle ossa della sua mano sinistra e degli anelli indossati.

Il 28 dicembre 1895, Röntgen distribuì il resoconto della sua scoperta alla Società di fisica medica di Würzburg e nel giro di pochi giorni la notizia divenne di dominio pubblico grazie al grande risalto con cui la stampa internazionale la diffuse.

Con la scoperta dei Raggi X la medicina spostava la sua capacità di diagnosi oltre il limite del visibile, dotandosi di uno strumento indispensabile per l’analisi e la prevenzione di moltissime sintomatologie, impossibili da osservare in precedenza ad occhio nudo.