Ibernazione e letargia: la nuova frontiera della medicina

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Come le neuroscienze stanno decodificando i processi del letargo e dell’ìibernazione per indurre uno stato di torpore controllato e “mettere in pausa” la vita per curare malattie terminali, ictus e affrontare i viaggi interplanetari

Letargo, ibernazione, torpore sintetico. Tre espressioni che evocano scenari ai confini della biologia, ma che descrivono processi molto diversi uniti da un elemento comune e potentissimo: l’abbassamento controllato della temperatura corporea. Comprendere le loro differenze è il primo passo per afferrare una delle più grandi rivoluzioni in corso nella medicina moderna.
Da un lato c’è il letargo (o ibernazione), il fenomeno naturale che permette ad animali come orsi o scoiattoli di sopravvivere all’inverno. Il corpo non si congela, ma riduce drasticamente il metabolismo e la temperatura, entrando in uno stato di vita sospesa. L’animale è sempre vivo, il cuore batte, e alla fine del processo si risveglia. Dall’altro c’è il torpore sintetico: questo è il Sacro Graal della ricerca guidata da scienziati come il Professor Matteo Cerri, neurofisiologo dell’Università di Bologna. L’obiettivo non è imitare perfettamente la natura, ma indurre farmacologicamente uno stato di letargo controllato e reversibile in specie che normalmente non lo fanno, come l’uomo. È come premere un “pulsante di pausa” sul nostro orologio biologico. Entrambi non vanno confusi con la crioconservazione, la pratica di congelare un corpo dopo la morte che, al momento, appartiene più alla fantascienza che alla scienza applicata.
Il comune denominatore, con gradazioni diverse, è la temperatura che scende. E questo ci porta a riconsiderare il protagonista di questo processo: il freddo.

Il Freddo: Da Nemico ad Alleato

Istintivamente, percepiamo il freddo come un nemico, un disagio da cui la nostra civiltà, con le sue case e i suoi focolari, ha sempre cercato di pro

teggersi. Eppure, la scienza oggi ci chiede di riconsiderare questo antico avversario. Un’esposizione controllata e graduale al freddo, infatti, agisce come uno “stress benefico” che risveglia potenti meccanismi di difesa e adattamento. Uno su tutti è l’attivazione del grasso bruno, una vera e propria “centrale termica” interna che, adifferenza del grasso bianco, brucia calorie
per produrre calore. Stimolarlo non solo ci aiuta a difenderci meglio dalle basse temperature, ma migliora la sensibilità all’insulina e il metabolismo, con benefici concreti per la salute quotidiana.
Ma è nelle situazioni estreme che il potenziale del corpo umano si manifesta in tutta la sua potenza.

Sopravvissuti all’Impossibile: Quando il Corpo Umano Entra in Letargo

La storia è costellata di casi che sfidano la nostra comprensione della vita. Il professor Cerri cita gli episodi documentati sull’Everest di due alpinisti, Back Weathers e Lincoln Hall.

Beck Weathers

Entrambi furono dati per morti nella “zona della morte” sopra gli 8.000 metri. Eppure, contro ogni logica, si “risvegliarono” autonomamente dopo più di un giorno, tornando coscienti. Hall, ritrovato seduto nella neve, accolse i soccorritori con una frase surreale: “Immagino siate sorpresi di trovarmi qui”.

Lincloln Hall
Questi non sono miracoli, ma la prova che, in circostanze estreme, il corpo umano possiede la capacità latente di entrare in uno stato protettivo, una sorta di “standby” biologico simile al letargo. L’ipotesi è che il cervello, di fronte a una minaccia fatale come la mancanza di ossigeno, possa decidere di “arrendersi” alla difesa contro il freddo per permettere al corpo di raffreddarsi rapidamente, mettendo così in pausa i processi vitali e sopravvivendo all’impossibile.

Il Cervello è il Direttore d’Orchestra

Come è possibile? La scoperta rivoluzionaria del team del Prof. Cerri è che il letargo non è un semplice “raffreddamento” passivo. È un processo attivo, finemente regolato dal cervello. “Siamo stati i primi a mostrare che è possibile indurre il torpore agendo su specifiche aree cerebrali”, spiega. Identificando i giusti “interruttori” neurali e attivandoli farmacologicamente, i ricercatori sono riusciti a convincere il corpo di un animale non ibernante a rallentare il proprio metabolismo in modo controllato, senza attivare le normali difese contro il freddo.

Le Applicazioni Rivoluzionarie: Dalla Sala Operatoria a Marte

Se potessimo indurre un torpore sintetico nell’uomo, le implicazioni sarebbero immense.
  1. Medicina d’Urgenza e Trapianti: In caso di ictus o arresto cardiaco, il danno principale è causato dalla mancanza di ossigeno ai tessuti. Mettere il paziente “in pausa” rallenterebbe drasticamente il suo metabolismo, “comprando” ore preziose per l’intervento medico. Allo stesso modo, un paziente in attesa di trapianto potrebbe vedere dilatato il suo tempo di sopravvivenza.
  2. Lotta al Cancro: La ricerca, seppur preliminare, è affascinante. Durante il letargo, la proliferazione delle cellule tumorali si arresta. Questo non uccide il tumore, ma potrebbe creare una “finestra di vulnerabilità” in cui le terapie tradizionali potrebbero agire con un’efficacia molto maggiore.
  3. Viaggi Spaziali: Per le missioni di lunga durata, come un viaggio verso Marte, il torpore è una tecnologia chiave. Permetterebbe di ridurre il consumo di risorse, minimizzare l’atrofia muscolare e, soprattutto, fornire una difesa biologica naturale contro le pericolosissime radiazioni cosmiche, oggi il più grande ostacolo all’esplorazione umana.

Vivere a Bassa Intensità: Una Lezione per il Futuro

La scienza del letargo ci insegna una lezione profonda: esiste una correlazione diretta tra l’intensità del metabolismo e la longevità. Un topo, con un metabolismo frenetico, vive un paio d’anni. Un elefante, con un metabolismo lento, vive decenni. Più bassa è l'”usura chimica” a cui sottoponiamo le nostre cellule, più a lungo e in salute potremo vivere.
Questa consapevolezza, conclude il Prof. Cerri, si traduce in una filosofia di vita: ridurre l'”attrito” di un mondo iperconnesso e stressante. La ricerca è in corsa. Serviranno fondi e tempo, ma la strada è tracciata. Quel brivido che abbiamo sempre fuggito potrebbe contenere la promessa non solo di curare il nostro corpo, ma di espandere i confini della nostra stessa esistenza.

Segui il talk completo con il prof. Matteo Cerri

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