La leucemia linfatica cronica è la forma di leucemia più frequente negli adulti e comporta la duplicazione incontrollata di cellule del sistema immunitario (i linfociti B), che si diffondono nel sangue, depositandosi nel midollo osseo e negli altri organi.
La ricerca: si apre la strada a nuovi approcci terapeutici
Un gruppo di ricercatori con a capo Paolo Ghia e da Massimo Degano, rispettivamente a capo del Programma di Ricerca Strategica sulla Leucemia linfatica cronica e dell’Unità di Biocristallografia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele ha rivelato il meccanismo alla base della proliferazione delle cellule B leucemiche: i recettori sulla membrana di queste cellule, nei casi di leucemia linfatica cronica, si legano a loro stessi, autoattivandosi con intensità diversa nelle persone affette dalla malattia. Normalmente invece si attivano solo dopo essersi legati a virus o batteri specifici.
La scoperta, pubblicata su Nature Communications e sostenuta dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), spiega in modo semplice la presenza di varie forme di leucemia linfatica cronica nei pazienti, aprendo la strada allo studio di nuovi approcci terapeutici che possano colpire direttamente i recettori difettosi.
Come funzionano le cellule B del sistema immunitario?
Le cellule B del sistema immunitario ci proteggono grazie alla loro capacità di riconoscere in modo tempestivo minacce esterne e interne all’organismo, come virus, batteri o cellule tumorali, e renderle innocue. Per riuscire nell’impresa ogni cellula B esprime sulla sua membrana un recettore particolare, detto B Cell Receptor (BCR) o immunoglobulina. Questi recettori funzionano come delle chiavi, adatte a entrare solo in alcune serrature: la loro struttura è fatta su misura per legarsi a specifiche molecole che si trovano, ad esempio, sulla superficie di un virus o di un batterio. Quando un recettore BCR si lega alla sua molecola corrispondente, riconoscendo quindi la presenza di una minaccia per l’organismo,attiva il processo di duplicazione della cellula B e la successiva produzione di anticorpi. Si tratta di una strategia di difesa molto efficiente, perché permette di produrre in poco tempo proprio gli anticorpi giusti per disattivare la minaccia in quel momento presente.
Cosa succede invece per coloro che soffrono di leucemia linfatica cronica?
Nel caso della leucemia linfatica cronica alcune cellule del sistema immunitario, i linfociti B, proliferano senza controllo e sono la causa della malattia. Era già noto che i recettori di queste cellule B impazzite risultassero attivati, come se stessero riconoscendo una minaccia che in realtà non è presente.
Ora, con il seguente studio, per la prima volta si svela il modo in cui avviene questo cortocircuito d’attivazione: i recettori sulla superficie di queste cellule si legano tra loro con intensità diverse a seconda della gravità della malattia.
La scoperta permette anche di spiegare in modo semplice la diversità delle leucemie linfatiche croniche che si osservano nei pazienti: da quelle più aggressive a quelle più indolenti e a progressione lenta.
“Il fatto che le cellule del sistema immunitario proliferino in modo particolarmente rapido o invece si duplichino con minore velocità dipende dalla stabilità del legame che si crea tra i recettori sulla loro superficie”, spiega Massimo Degano, a capo dell’Unità di Biocristallografia. “Se il legame è stabile le cellule B rallentano la loro duplicazione, dando origine alle forme di leucemia meno aggressive, viceversa se il legame è instabile, e continua perciò a crearsi e rompersi, le cellule sono continuamente stimolate a proliferare e danno origine alle forme di leucemia più aggressive”.
Come è stata confermata l’ipotesi?
Per confermare questa ipotesi i ricercatori hanno utilizzato la cristallografia a raggi X, una tecnica che consente di visualizzare la struttura tridimensionale delle molecole, per analizzare la differenza tra il tipo di legame che si osserva nella forma di leucemia linfatica cronica più aggressiva tra quelle note (il tipo 2) e di quella al contrario più indolente (il tipo 4). Non solo, hanno fatto esprimere ciascuno di questi recettori difettosi a una cellula B dormiente, dimostrando che la loro presenza era sufficiente per attivarla.
“La scoperta è importante non solo perché offre un modello unico in grado di spiegare una grande varietà di esiti clinici, ma anche perché identifica nuovi potenziali target terapeutici”, spiega Paolo Ghia, professore presso l’Università Vita-Salute San Raffaele e a capo del Programma di Ricerca Strategica sulla Leucemia linfatica cronica. “I farmaci attualmente disponibili agiscono su ciò che avviene in seguito all’attivazione dei recettori, anche perché non era chiaro il meccanismo con cui questa avvenisse. Ora possiamo pensare di colpire direttamente i recettori e bloccare in modo specifico il meccanismo con cui producono questo cortocircuito”.
Fonti:
Distinct homotypic B-cell receptor interactions shape the outcome of chronic lymphocytic leukemia. Nature communications, 9 Giugno 2017
Redazione
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