Il traduttore simultaneo che “parla” direttamente al cervello grazie alla trasmissione ossea del suono

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Se vogliamo capire come sarà la nostra società nei prossimi 5 o 10 anni non possiamo non conoscere quei giovani innovatori che, come fece Mark Zuckerberg 10 anni fa, stanno progettando le basi delle prossime rivoluzioni tecnologiche. Tra questi giovani c’è Paride Papathanasiu, un informatico di 29 anni oggi CEO di 2PGRECO, la start up da lui fondata grazie all’aiuto dell’incubatore tecnologico del Politecnico di Torino. 

Paride Papathanasiu – inventore di Nimrod (fonte immagine: 2PGRECO)

Paride è un ragazzo eclettico che unisce l’interesse per lo studio con un grande senso della praticità. Lo testimoniano le sue passioni per la musica, l’elettronica e il fai da te. Passioni che gli hanno permesso di realizzare da solo il primo prototipo della sua invenzione.

L’idea è tanto semplice quanto geniale: una tecnologia di traduzione simultanea in grado di trasmettere direttamente al cervello le traduzioni di qualsiasi lingua. Il tutto grazie ad un sistema innovativo che unisce un’app scaricabile su tutti i cellulari con un sistema di trasmissione ossea del suono.

Ma lasciamo la parola direttamente a Paride.


Intervista a Paride Papathanasiu


Cos’è Nimrod e come funziona?

Nimrod è il primo sistema di traduzione simultanea che riesce a sfruttare i meccanismi della conduzione ossea. In pratica abbiamo accoppiato al traduttore delle cuffie speciali che non si inseriscono nell’orecchio ma vengono appoggiate sull’osso occipitale. L’app scaricata nel cellulare permette di tradurre in tempo reale quello che dicono le persone, le cuffie trasmettono la traduzione direttamente al timpano lasciando libere le orecchie di restare in contatto con il mondo esterno. 

Come ti è nata l’idea?

E’ emersa attraverso un processo creativo che non potevo prevedere. Di origine sono mezzo greco e mezzo italiano quindi la questione delle lingue l’ho nel sangue fin da bambino. In università mi sono sempre relazionato con amici di ogni nazionalità, la lingua condivisa da tutti era l’inglese ma certo non è la stessa cosa che comunicare nella propria lingua madre.  Poi un giorno, durante una partita a briscola tra amici, è scattato il primo click. Tra noi c’era una ragazza i cui genitori sono sordo-muti. Chiacchierando ci era nata l’idea di trovare un modo per tradurre il linguaggio dei segni in parole e così ho iniziato ad interessarmi ai sistemi informatici di traduzione. L’idea di Nimrod però era ancora lontana. Il secondo click, quello decisivo, è scattato in occasione del Salone del Mobile di Milano. Mentre giravo tra gli stand senza una meta precisa mi sono imbattuto in un sistema audio innovativo: il suono veniva trasmesso attraverso un apparecchio in grado di trasformare le superfici di legno in amplificatori, quindi un sistema in grado di fare a meno delle classiche casse. Tornato a casa ho voluto subito approfondire i principi di quella tecnologia e ho scoperto che si trattava di qualcosa tutt’altro che innovativo: esisteva già da 70 anni. Evidentemente non aveva trovato nessun successo commerciale. Allora mi è nata l’idea: avrei potuto sviluppare un sistema di traduzioni simultanee in grado di “parlare al cervello” attraverso la conduzione ossea. Da lì ai primi prototipi c’è voluto poco, tra i miei mille hobby c’è anche quello della saldatura e così mi sono letteralmente costruito in casa il primo esemplare di Nimrod.

La app di Nimrod che permette di selezionare le diverse lingue per la traduzione simultanea (fonte immagine: 2PGRECO)

Quali sono i principi su cui si basa la conduzione ossea del suono?

La tecnologia è molto semplice. A differenza di casse normali che utilizzano una membrana morbida, la conduzione ossea sfrutta proprietà elettromeccanica che si instaura tra due lamine di metallo che quando vengono percosse da segnale elettrico vibrano. Le vibrazioni vengono catturate da un punto duro che nel nostro caso è il lobo temporale. 

In termine tecnico questi sistemi si chiamano piezoelettrici e sono gli stessi che troviamo ad esempio sulle chitarre elettriche.

Non ci sono rischi per la salute?

Assolutamente no. Intanto bisogna precisare che il nostro sistema non fa vibrare il cranio. Si tratta di piccolissime micro vibrazioni impercettibili e la percezione del suono viene mandata direttamente all’orecchio. Con le cuffie normali viene chiuso l’orecchio e così qualsiasi suono esterno trasmesso dall’aria non viene più percepito. Classico è il caso di chi attraversa la strada con le cuffie e non si accorge che sta passando un motorino. Con il nostro sistema invece abbiamo un canale doppio: l’orecchio resta libero di percepire cosa accade intorno, mentre il lobo temporale permette di ascoltare la traduzione simultanea. Potrei dire che il nostro prodotto è più sicuro per tre ragioni: la prima come detto è quella che mantiene le persone collegate con ciò che avviene intorno a loro. La seconda è igienica, le classiche cuffie che si inseriscono nell’orecchio inevitabilmente si contaminano con materiale organico. La terza infine è di natura ergonomica, in tutti noi le orecchie sono asimmetriche e capita frequentemente che dopo un po’ che si indossano le cuffie si inizia a sentire fastidio all’orecchio. Con Nimrod questo non accade. C’è poi un ultimo aspetto da considerare, il volume. Con il nostro sistema non c’è il rischio di danneggiare l’orecchio a causa del volume alto del suono.

Quali sono state le principali criticità che hai dovuto affrontare (o stai affrontando) per realizzare il tuo progetto?

Innanzitutto bisogna dire che in Italia fare innovazione tecnologica è difficile. Io stesso facevo fatica a dialogare con possibili partner e finanziatori fino al momento in cui non ho aperto la mia società. Fossi stato negli USA ovviamente mi sarebbe bastata solo l’idea ed il primo prototipo per poter coinvolgere possibili partner. 

Nel mio caso però è andato tutto abbastanza bene. L’unica vera difficoltà è arrivata ora con il Coronavirus. Fino a prima dell’epidemia tutto stava andando bene. Abbiamo avuto un successo mediatico inaspettato che ci ha permesso di avere più di 1.000 preordini, senza spendere un euro in marketing! Poi è arrivato il Coronavirus e le fabbriche cinesi a cui ci siamo appoggiati per la produzione hanno avuto problemi. Per fortuna adesso la merce è arrivata, la ditta è stata molto professionale. Però ci è costato tutto molto di più. 

Nonostante tutto siamo riusciti a trovare un’opportunità anche dall’imprevisto del Coronavirus e abbiamo donato alcuni campioni di Nimrod ai medici Cubani che sono venuti a Torino per dare una mano negli ospedale. Devo dire che è il sistema è stato molto apprezzato.

Qual’è stata per te la chiave del successo?

Credo la capacità di saper valorizzare al massimo risorse già presenti. Quando viene un’idea all’inizio si tende, forse sull’onda dell’entusiasmo, a volerla realizzare tutta da soli. Ma non è detto che sia la strada migliore.

Io mi sono subito guardato intorno, ho cercato di capire cosa già esisteva e mi sono circondato da amici-collaboratori con cui portare avanti lo sviluppo.

Ne approfitto per ringraziare Giuseppe Scabellone che ha dato un contributo fondamentale a livello di sviluppo software ed Eric Larsen, che è stato un po’ il nostro mentore generale e continua a darci importanti consigli.

Paride Papathanasiu testsa Nimrod (fonte immagine: 2PGRECO SRL)

Sei soddisfatto del funzionamento di Nimrod o stai già lavorando a miglioramenti?

Per quanto riguarda il software di traduzione devo dire che siamo già a un ottimo livello. Abbiamo fatto provare Nimrod a diversi madrelingua e tutti hanno espresso un parere positivo. Quei pochissimi errori di traduzione sono provocati dalle persone che magari parlano male o usano troppo intercalari come ehm, ahh, ohh.. pensate che i sistema riconosce anche il dialetto e riesce a italianizzarlo.

Siamo dei perfezionisti ed ora dobbiamo lavorare per risolvere la questione dell’intonazione: al momento si possono fare le domande pronunciando a fine della frase “punto interrogativo”, altrimenti il sistema da solo non capisce l’intonazione della domanda. E’ però un problema che hanno tutti i traduttori simultanei e in fondo non è poi così limitante.

Che effetto fa sentire “voci nel cervello”?

All’inizio la sensazione è molto particolare. Noi infatti all’interno della confezione inseriamo insieme alle “cuffie” anche dei tappi per le orecchie nel caso in cui ci si voglia isolare dall’ambiente esterno. Ci si adatta velocemente però, oserei dire che dopo è difficile tornare indietro. Una cosa interessante è che cambia il modo di focalizzare l’attenzione. Con questo canale secondario della trasmissione ossea si riesce a sentire bene anche se ci si trova in luoghi rumorosi. Perfino se ci si trova in un concerto.

Nimrod può essere utile anche per chi soffre di problemi dell’udito?

Nei casi di persone che soffrono di ipoacusia si. La nostra tecnologia si basa sugli stessi principi degli impianti cocleari e ha il vantaggio di essere decisamente meno invasiva. Non in tutti i casi ovviamente funziona: le persone che hanno problemi a livello di conduzione del nervo uditivo non avrebbero nessun beneficio da Nimrod. Chi invece soffre di lievi o moderati problemi uditivi dovuti a problemi del timpano può trovare benefici. Ce ne siamo accorti quasi per caso. Avevamo chiesto a una serie di turisti di provare Nimrod e dirci come si trovavano. Tra loro c’era anche un turista inglese che portava l’apparecchio acustico. Dopo aver provato utilizzato il nostro sistema ci ha detto che sentiva molto bene! Lo stesso test, ma su scala maggiore, lo abbiamo fatto in una fiera di apparecchi medicali ed anche li è feedback sono stati eccellenti.

Paride Papathanasiu testa Nimrod con un turista (fonde immagine: 2PGRECO)

Hai già in cantiere nuovi progetti?

Certo, per gli anni futuri ho in cantiere due progetti. Uno è con Ericsson. Nel 2019 abbiamo vinto loro premio EGO per le idee innovative nello sviluppo del 5G. Il nostro progetto prevede di creare delle cuffie Nimrod autosufficienti. Quindi non più vincolate all’app del telefono. Siccome il 5G al momento funziona a macchia di leopardo intendiamo realizzare il primo prototipo esclusivamente per i musei e le visite guidate nei siti archeologici. In questo modo si potrebbero organizzare dei tour senza necessariamente dividere i turisti in base alle lingue. Basta che ciascuno abbia le nostre cuffie e in automatico possono seguire tutti la stessa guida. 

Poi c’è un secondo progetto, molto più avanzato. E’ quello di riuscire ad impiantare una versione miniaturizzata di Nirmod nel lobo temporale delle persone, vicino al traco. Si tratterà di una specie di piercing. Credo che entro i prossimi 10 anni diventerà sempre più comune l’impianto di tecnologia nel corpo e Nimrod potrà evolvere anche in quella direzione. 

Non pensi che possa essere un passo troppo rischioso quello degli innesti di tecnologia nel corpo?

Beh si, la gente non è ancora pronta a quest’idea. Quando ho proposto per la prima volta un dispositivo innestabile ho trovato letteralmente un muro contro. La maggior parte delle persone sono ancora molto diffidenti. Come ogni innovazione è necessario del tempo prima che venga accettata. 

Al momento l’unico problema tecnico è quello dei rigetti. Una volta superato questo punto, magari grazie allo sviluppo di nuovi materiali, vedo solo vantaggi nella possibilità di potenziare il nostro corpo con tecnologia. Se ci pensiamo la razza umana è molto più “sfigata” rispetto agli altri animali. Siamo gli unici a doverci proteggere dal freddo con vestiti, a dover costruire case, impianti di riscaldamento, a cuocere cibi.. Ci salviamo solo grazie all’intelligenza e allora è il caso che la utilizziamo per evolvere ulteriormente come specie e potenziare le nostre abilità.

Dobbiamo poi considerare tutte quelle persone menomate a seguito di incidenti. L’innovazione tecnologica degli impianti potrà ridargli le funzioni perdute.

Pensi che queste tecnologie cambieranno il modo di essere umani? E se si come?

Si, penso che la tecnologia possa cambiare il modo di essere umani, e farlo evolvere in meglio. Prendo il caso di Nimrod: il fatto di poter comunicare senza più la barriera della lingua significa abbattere la paura del diverso. Una paura dovuta solo ed esclusivamente alla non conoscenza reciproca. Il poter comunicare tra di noi con la stessa disinvoltura che abbiamo nella lingua madre significa poter entrare in contatto più profondo e significativo con gli altri. Scoprire che siamo molto più simili di quanto pensassimo. Il razzismo dovuto all’incomunicabilità della lingua potrebbe sparire.

Più in generale sono convinto che le nuove tecnologie ci permetteranno di trovare un equilibrio sostenibile con la natura. Utopisticamente trovo grande ispirazione in film come Avatar, credo che il futuro della nostra società possa essere in quella direzione, una società che grazie alla tecnologia riuscirà ad essere più in equilibrio ed armonia con il mondo che la circonda.

Le cuffie a trasmissione ossea di Nimrod (fonte immagine: 2PGRECO)

Nirmod è già in commercio? Dove lo si può acquistare?

Le cuffie sono ampiamente testate e pronte per la vendita. Stiamo iniziando adesso a proporle al prezzo di 199 euro più IVA. Sono acquistabili tramite il sito ed in generale verranno promosse attraverso la vendita diretta tramite agenti commerciali. Per noi molto importante è la dimostrazione del prodotto. Abbiamo inoltre già previsto un sistema di assistenza disponibile 24 ore su 24 e nel caso di mal funzionamento delle cuffie provvediamo alla sostituzione.

Un’ultima domanda, cosa significa Nimrod?

Il nome Nimrod deriva dalla mitologia Mesopotamica. Nimrod era uno dei re dell’antica babilonia, passato alla storia per essere stato il mandante della costruzione della Torre di Babele. Tradotto dall’aramaico Nimrod significa ribellione. Il re infatti si era ribellato agli dei che avevano inviato come punizione il diluvio universale. Per evitare una futura tragedia simile aveva deciso di costruire una torre tanto alta da potersi salvare nel caso di un nuovo diluvio. Fu allora che Dio confuse le lingue bloccando l’impresa di Nirmod.

Con il mio progetto vorrei metaforicamente recuperare l’antico spirito di questo re: cercare di salvare gli uomini dai limiti imposti dalle divinità. 

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Laureato in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche (Università degli Studi di Milano) e dottorando presso l'Università Campus Bio-Medico di Roma. E' membro del Systems Biology Group Lab presso l'Università Sapienza di Roma e managing editor della rivista scientifica Organisms Journal. E' giornalista e svolge l'attività di divulgatore scientifico