Come il respiro può influenzare il nostro modo di pensare e di emozionarci

437
Tempo di lettura: 2 minuti

Da un nuovo studio è emerso che il respiro non aiuta solo a stare vivi riempiendo i polmoni di ossigeno, ma può anche influenzare il modo in cui pensiamo e ci emozioniamo.

Già da tempo si conoscono gli effetti dello yoga ed in particolare della respirazione su molte nostre funzioni biologiche, adesso però la scienza è andata ben oltre: un gruppo di ricercatori americani ha scoperto che il ritmo del nostro respiro crea un’attività elettrica nel nostro cervello, e che l’effetto è differente a seconda sia che si stia respirando col naso o con la bocca sia che se si stia inspirando o espirando.

Lo studio per trovare un legame tra l’attività cerebrale e la modalità di respiro è stato fatto dai ricercatori della Northwestern University su sette pazienti epilettici analizzando il loro elettroencefalogramma.
Questi pazienti avevano degli elettrodi impiantati nel cervello per capire l’eziologia delle loro crisi epilettiche, ma i dati raccolti hanno evidenziato come l’attività elettrica dei loro cervelli cambiasse in sincronia col loro respiro.

Questa attività è stata vista in tre zone del cervello: la zona della corteccia che controlla l’olfatto, l’ippocampo che presiede la memoria, e l’amigdala che è collegata alla parte emotiva.
La neurologa Christina Zelano afferma che vi è una notevole differenza nell’attività cerebrale nell’amigdala e nell’ippocampo durante l’inspirazione e l’espirazione. Infatti durante l’inspirazione si osserva una stimolazione della corteccia olfattoria, dell’amigdala, dell’ippocampo attraverso il sistema limbico.

I ricercatori hanno scoperto che la stimolazione è limitata al momento dell’inspirazione e solo se si respira dal naso e non dalla bocca.
Per continuare le ricerche hanno reclutato 70 persone sane con età dai 18 ai 30 anni.
Il nuovo test consisteva nel dover decidere in un brevissimo lasso di tempo dopo aver visto delle immagini di visi, se questi avevano un’espressione impaurita o sorpresa.
L’obiettivo era capire se l’amigdala, che è coinvolta nell’interpretazione delle espressioni facciali, era influenzata dal momento del respiro e se questo fosse fatto dal naso o dalla bocca.

I risultati hanno evidenziato che le persone erano di una frazione di secondo più veloci nel riconoscere le espressioni impaurite durante la fase inspiratoria e solo se fatta dal naso. Non è stata evidenziata alcuna differenza per le espressioni sorprese.

In un altro studio sulla memoria fatto per studiare l’attività nell’ippocampo, a 42 partecipanti sono stati mostrati degli oggetti sullo schermo di un computer e più tardi gli è stato chiesto di ricordarli.
Il gruppo riusciva a ricordarli meglio quando era nella fase inspiratoria e dal naso con una precisione migliore del 5% .

Questi sono stati degli studi iniziali che devono essere replicati su larga scala per avere un valore effettivo.
Ma questi studi suggeriscono come le nostre funzioni cognitive possano migliorare durante l’inspirazione ed è per questo che in caso di situazioni d’emergenza la frequenza del nostro respiro aumenta.
Infatti il ritmo normale è tra i 12 e i 18 respiri al minuto per una persona adulta che aumentano fino a 20 se siamo in una situazione di panico.
In conclusione la Dott.ssa Zelano afferma che l’aumento del ritmo respiratorio ed in particolare dell’inspirazione in relazione ad uno stimolo di pericolo può avere un impatto favorevole sulle funzioni del nostro cervello nel migliorare la velocità di risposta.

 

Fonti per approfondire:

Northwestern University: https://news.northwestern.edu/stories/2016/12/rhythm-of-breathing-affects-memory-and-fear/