I cachi sono un simbolo dell’autunno, del momento dell’anno in cui il sole tende a stare più basso sull’orizzonte: il loro colore sembra dire che in quei frutti si sono materializzati gli ultimi raggi caldi del sole, prima del sopraggiungere dell’inverno.
I cachi che si stagliano nel freddo paesaggio invernale, con il loro arancio acceso che si distingue sugli alberi ormai spogli, sono nutrienti e ricchi d’energia. Possono essere d’aiuto a chi accusa astenia, alle persone debilitate o magre, ma anche a chi soffre di stitichezza o colite (il cachi è un ottimo regolatore intestinale), ai convalescenti, ai bambini e nella terza età. I piccoli e gli anziani, infatti, lo amano molto perché è facilmente masticabile. Non è consigliabile invece ai diabetici, a chi soffre di soprappeso e ai malati di ulcera gastroduodenale.
Il cibo degli dei è super ricostituente
Il cachi (Diospoyros kaki) è un frutto che vanta una tradizione millenaria. Grazie al suo delicato e particolare sapore, fu talmente apprezzato dai popoli antichi da essere definito il “cibo degli dei”. Il nome “cachi”, declinato anche in “caco”, deriva dal nome giapponese, “kaki no ki”. La sua patria di origina è la Cina dove venne chiamato “Mela d’Oriente”; da qui si diffuse anche in Giappone ricoprendo, ancora oggi, un ruolo di primaria importanza nell’alimentazione del popolo nipponico. Nei giardini del nostro Paese il cachi venne coltivata già alla fine del XVIII secolo. L’albero di cachi appare alto fino a dieci metri, ha grandi foglie caduche e il frutto si presenta rotondeggiante con la buccia fine, gialla o arancione; la polpa, assai morbida, diviene quasi liquida quando giunge a piena maturazione. Il cachi è un’eccellente fonte di proteine, di vitamina A, vitamina C e di potassio. Quando è acerbo è ricco di tannino che gli conferisce un sapore fortemente astringente. Alla fine del processo di maturazione invece, il tannino si riduce mentre aumentano gli zuccheri, conferendo al cachi il suo tipico sapore dolcissimo.
Per la funzionalità epatica
Se si vuole migliorare la funzionalità epatica ed eliminare l’astenia, mangiare un cachi al giorno, dopo pranzo o come merenda.
Contro la stitichezza
Se c’è un problema di stitichezza e/o la ritenzione idrica, meglio assumere un cachi di mattina, come colazione, quando l’organismo è più ricettivo: in questo caso è meglio sceglierlo ben maturo, senza semi né buccia.
Se si soffre di colite
Se viceversa si soffre di colite, il cachi mattutino della colazione dovrà essere un po’ acerbo. È assai astringente in quanto è ricco di tannino.
Paola Padulli
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