L’allarme arriva all’Onu, che il 21 Settembre 2016, durante la 70esima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha trattato, tra le emergenze sanitarie, anche il fenomeno sempre più preoccupante dell’antibiotico-resistenza. Ma quali sono le cause di questo problema globale?
Non vi è alcun dubbio che gli antibiotici abbiano salvato l’uomo, senza l’antibiotico milioni di persone sarebbero morte per causa delle malattie infettive.
I microrganismi esistono sulla terra da più di 3,8 miliardi di anni e si sono esposti alla più grande diversità genetica e metabolica. Si tratta di una componente essenziale della biosfera e ricopre un ruolo importante nel mantenimento e la sostenibilità degli ecosistemi. Si ritiene che compongano circa il 50% di la biomassa vivente.
L’uomo ancora oggi cerca di vincere sui microrganismi che causano malattie privandoli del loro habitat usando agenti antimicrobici. Questi microrganismi, nel corso degli anni, hanno risposto con lo sviluppo di meccanismi di resistenza per combattere questa offensiva, conosciuti oggi come “resistenza antimicrobica”.
Attualmente la resistenza antimicrobica tra i batteri, virus, parassiti, e altri organismi che causano malattie è una seria minaccia per la gestione della malattia infettiva a livello globale.
Un po’ di storia
Gli antibiotici sono stati scoperti a metà del XIX secolo. Da quel giorno ridussero drasticamente la minaccia di malattie infettive che aveva devastato la razza umana.Tuttavia, subito dopo la scoperta della penicillina negli anni 40, si iniziarono a contare un numero di fallimenti nel trattamento per la presenza di alcuni batteri, come stafilococchi, non più sensibili alla penicillina.
Un problema globale
Anche oggi ed in diverse regioni del mondo, compresi i paesi in via di sviluppo, si attesta in molti patogeni la prevalenza alla crescita della resistenza antimicrobica.
I microrganismi subiscono spinte selettive verso modifiche che migliorano lo sviluppo e la trasmissione di farmaco-resistenze. Anche se la resistenza antimicrobica è un fenomeno biologico naturale, spesso viene rafforzata come conseguenza dell’adattamento ad agenti esterni: l’esposizione agli antimicrobici utilizzati nell’uomo o in agricoltura e il diffuso uso di disinfettanti in azienda ed in casa.
Microrganismi resistenti si trovano in persone, animali, cibo e nell’ambiente (nell’acqua, nel suolo e nell’aria). Possono diffondersi tra le persone e gli animali, e da persona a persona. Lo scarso controllo della infezioni, le condizioni igieniche inadeguate e gli alimenti non trattati propriamente favoriscono la diffusione della resistenza antimicrobica.
Il rischio di esiti clinici peggiori e/o di morte è maggiore nei pazienti con infezioni causate da batteri resistenti ai farmaci. All’insuccesso clinico si aggiunge la beffa il fatto che questi consumano più risorse sanitarie rispetto ai pazienti infettati con stessi ceppi batterici non resistenti.
L’uso smoderato di antibiotici crea l’antibiotico-resistenza
Ad oggi, è ormai accertato che sia proprio l’utilizzo di antibiotici ad essere il fattore più importante e responsabile della maggiore resistenza antimicrobica.
In molti paesi, gli antibiotici non sono regolamentati e sono disponibili al banco senza ricetta medica. Questa mancanza di regolazione promuove l’uso smoderato di antibiotici: con il risultato che siano facilmente accessibili, diffusi ed economici.
Inoltre, le non corrette prescrizioni di antibiotici contribuiscono alla promozione della resistenza. Infatti, studi su batteri resistenti hanno dimostrato che la scelta del farmaco e l’indicazione al trattamento o alla durata della terapia antibiotica non sia corretta nel 30%, sino al 50% dei casi.
Le concentrazioni di farmaco insufficienti e sub-terapeutiche sono in grado di promuovere lo sviluppo della resistenza agli antibiotici sostenendo alterazioni genetiche, come i cambiamenti nell’espressione genica, HGT, e mutagenesi.
Siamo ciò che mangiamo: dal bestiame alla nostra tavola
Gli antibiotici sono ampiamente utilizzati nell’uomo, ma soprattutto come supporto alla crescita del bestiame. Si stima che circa l’80% degli antibiotici venduti negli Stati Uniti vengano utilizzati per gli animali, soprattutto per promuovere la crescita e per evitare infezioni. La decisione di trattare il bestiame con antimicrobici è quindi nata in seguito alla necessità di voler migliorare la salute generale degli animali, con l’effetto di produrre rendimenti maggiori.
Gli antibiotici utilizzati negli allevamenti sono ingeriti dagli esseri umani quando questi si cibano della carne proveniente dal bestiame allevato. Il trasferimento di batteri resistenti agli esseri umani da parte di animali da fattoria è stata notata per la prima volta più di 35 anni fa, quando gli alti tassi di resistenza agli antibiotici sono stati trovati nella flora intestinale degli animali da allevamento. Più recentemente, i metodi di rilevazione molecolare hanno dimostrato che i batteri resistenti negli animali da allevamento vengono veicolati nei consumatori attraverso prodotti come, appunto, la carne. Questo avviene attraverso la seguente sequenza di eventi: 1) l’uso di antibiotici negli animali da produzione alimentare sopprime i batteri sensibili, permettendo ai batteri resistenti agli antibiotici di prosperare; 2) i batteri resistenti vengono trasmessi all’uomo attraverso l’approvvigionamento di cibo: per esempio la carne; 3) questi batteri possono causare infezioni che possono portare a conseguenze nocive per la salute dell’uomo.
L’uso agricolo di antibiotici colpisce anche il microbioma ambientale
Fino al 90% degli antibiotici somministrati al bestiame sono escretati nelle urine e nelle feci, poi ampiamente dispersi come fertilizzanti, e diffusi nelle acque sotterranee e di superficie.
La mania degli igienizzanti
Va aggiunto anche che prodotti antibatterici venduti per scopi igienici e di pulizia possono contribuire a questo problema, in quanto possono limitare lo sviluppo di immunità agli antigeni ambientali, sia nei bambini che negli adulti. Di conseguenza, può essere compromessa la versatilità del sistema immunitario, aumentando cosi la possibile morbosità e mortalità a causa di infezioni che normalmente non risulterebbero cosi virulente.
Come arginare il problema, quali azioni programmare?
L’uso eccessivo in tutto il mondo di questi farmaci e la mancanza di sviluppo di nuovi agenti antibiotici da parte di aziende farmaceutiche per affrontare le infezioni resistenti agli antibiotici riflettono la crisi globale e la sua gravità.
E’ fortemente necessario lavorare su più fronti, coordinare gli sforzi per attuare nuove politiche, rinnovare gli investimenti di ricerca ed attuare le misure più idonee per gestire la crisi.
A tal proposito, lo scorso 21 Settembre, per la prima volta, il tema dell’antibiotico-resistenza è entrato a far parte dell’ordine del giorno dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l’incontro annuale di due settimane, tradizionalmente dedicato a questioni di importanza globale, in cui tutti i 193 Stati membri hanno firmato un un documento congiunto sulle linee guida mondiali per la lotta alla resistenza antimicrobica.
Anche se l’Organizzazione Mondiale della Sanità si occupa del problema da diversi anni, questa è la quarta volta che un tema di salute pubblica finisce sul tavolo dell’ONU. Prima d’ora, era toccato soltanto all’HIV, alle malattie croniche e all’emergenza Ebola.
Per saperne di più consigliamo di visitare il sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: www.who.int/antimicrobial-resistance/events/UNGA-meeting-amr-sept2016/en/
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Mirko Bandera
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