Gli effetti dell’accumulo di nanoplastiche, lo studio dell’EFSA

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Il mare e, in generale, le risorse che offre sono sempre state sfruttate dall’uomo in modo poco sostenibile. Questo comportamento ha trasformato gli oceani in vere e proprie discariche, un luogo dove nascondere e accumulare i nostri rifiuti. L’inquinamento che l’uomo causa non rimane però nascosto sotto la superficie dell’acqua, ma finisce sulle nostre tavole.

 

L’attenzione all’igiene nei prodotti ittici si è soprattutto focalizzata sui mitili (cozze e vongole) a causa dei molti casi di epatite A riscontrati negli anni settanta sulle coste italiane. I crostacei si nutrono filtrando l’acqua marina e per questo possono assorbire anche quei microorganismi patogeni per l’uomo; oggi però i mitili sono allevati in aree marine controllate dalla sorveglianza veterinaria e dalle ASL, e il prodotto che arriva nei mercati ha un’etichetta che ne garantisce provenienza e idoneità. Nonostante ciò vi sono microorganismi che possono sfuggire ai controlli e per questo si consiglia di cuocere sempre tutti i mitili fino a che il loro guscio non si apre, scartando invece quelli che restano chiusi dopo la cottura.”

 

L’EFSA (European Food Safety Authority) ha valutato i potenziali rischi per i consumatori derivanti dalla presenza di microplastiche e nanoplastiche negli alimenti, in particolare nei frutti di mare.
Si registrano elevate concentrazioni nei pesci, ma poiché le microplastiche sono presenti per lo più nell’intestino, che di solito viene eliminato, i consumatori ne risultano relativamente esposti. 

nanoplastiche.jpgTuttavia, nel caso dei crostacei e dei molluschi bivalvi (ostriche e cozze), il tratto digestivo viene consumato, per cui si ha un assorbimento effettivo. Sappiamo che le nanoparticelle di diversi tipi di nanomateriali possono penetrare nei tessuti e conseguentemente nelle cellule umane, con potenziali conseguenze per la salute. Le ricerche sono in fase di accertamento e risulta importante stimarne l’assunzione media.

L’EFSA ha esaminato questi materiali soltanto dal punto di vista della sicurezza alimentare. Altre organizzazioni stanno prendendo in considerazione i bio-habitat e la fauna selvatica. Per esempio sono state esaminate le relazioni principali del “Joint Group of Experts on the Scientific Aspects of Marine Environmental Protection” dell’ONU, prevedendo un nuovo studio sulle misure per combattere l’inquinamento marino, commissionato dalla DG Ambiente della Commissione europea. Tali lavori hanno costituito fonti cruciali per la definizione di un quadro mirato ad affrontare la questione dal punto di vista della sicurezza alimentare.

Cosa possiamo fare?
Noi tutti possiamo e dobbiamo contribuire per evitare l’inquinamento delle acque. Avete mai pensato ai prodotti che usiamo in casa, dallo shampo ai detergenti e detersivi? Questi abbondano di metalli, piombo, parabeni: sostanze che, oltre ad essere state definite cancerogene da molteplici ricerche scientifiche, sono tra le maggiori inquinanti delle falde acquifere. È anche vero che l’acqua che noi contaminiamo dovrebbe passare attraverso i famosi depuratori prima di confluire nei fiumi e nei mari, ma la legge ed i controlli come ben sappiamo non sempre vengono applicate correttamente. 

 

Siamo, perciò, noi consumatori e cittadini a dover per primi prestare la dovuta attenzione se vogliamo continuare a dire ai nostri figli che il pesce è salutare. 

 

 

Fonti:
https://www.efsa.europa.eu/it/press/news/160623
www.educazionenutrizionale.granapadano.it
www.quicosenza.it/news/provincia-cosenza/96848-inchiesta-sui-depuratori-a-belvedere-marittimo