Le diete “estreme”: il punto sui regimi alimentari alternativi e i benefici per salute e diabete

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Oltre il 7% degli italiani è diventato vegetariano e l’1% vegano. La dieta paleolitica continua a fare adepti e quella chetogenica attira con la promessa di dimagrire senza sentire fame. Ma queste diete fanno bene al diabete e in generale alla salute?

In un documento di consenso, l’opinione degli esperti della Società Italiana di Diabetologia Sid.

L’alimentazione è una delle pietre miliari nella prevenzione e nel trattamento del diabete mellito 2. Essa ha come obiettivo non solo il miglioramento del controllo glicemico e degli altri fattori di rischio cardio-metabolici, ma anche la riduzione delle malattie cardiovascolari che sono responsabili del 70% della mortalità totale in questi pazienti.

Lo scopo del documento della Sid dedicato alle “diete estreme” è quello di fare il punto della situazione sui regimi alimentari alternativi (diete vegetariane, chetogeniche, paleolitiche) che si discostano, talvolta anche marcatamente, dalla tradizionale “dieta mediterranea”.  In quanto è di fondamentale importanza fornire alle persone con diabete, e agli operatori che di queste si occupano, evidenze solide, che permettano di intraprendere stili di vita non soltanto sicuri, ma anche efficaci nel prevenire la comparsa e la progressione della malattia diabetica.

DIETA VEGETARIANA/VEGANA

Negli ultimi anni la dieta vegetariana ha attirato l’attenzione della comunità scientifica perché diversi studi epidemiologici ne suggeriscono potenziali benefici su indice di massa corporea, ipertensione, eventi coronarici, alcuni tipi di cancro e aspettativa di vita. Gli studi condotti nei diabetici dimostrano che questa dieta migliora il compenso glicemico e altre anomalie metaboliche, riducendo il fabbisogno dei farmaci anti-diabete. E un altro motivo per prendere in seria considerazione queste diete è il crescente seguito che hanno tra gli italiani. Secondo l’Unione Vegetariana Europea, l’Italia (insieme con la Germania) ha il più alto tasso di vegetarianismo nell’Unione Europea e che il trend è in aumento rispetto al 6.5% nel 2014 e al  5.7% nel 2015, raggiungendo il 7.1% nel  2016.

Dieta vegetariana: si basa sul consumo di cereali, legumi, frutta, verdura, frutta a guscio, soia ed esclude il consumo di carne. Pesce, latte e derivati e uova possono essere inclusi o meno, dando luogo ad una serie di varianti (dieta pesco-vegetariana; dieta latto-ovo-vegetariana; dieta latto-vegetariana).

Dieta vegana: esclude tutti gli alimenti di origine animale (carne, pesce, uova, latte e derivati)

Gli effetti positivi della dieta vegetariana

 Una dieta a base di alimenti vegetali apporta in genere meno calorie rispetto alla “dieta occidentale”, prevenendo il sovrappeso e l’obesità. L’esclusione della carne dalla dieta riduce l’apporto di grassi saturi, con effetti positivi sul profilo lipidico e sul rischio cardiovascolare. Infine, un elevato consumo di alimenti vegetali incrementa l’introito di fibra che aumenta il senso di sazietà, previene l’incremento del peso corporeo, riduce l’indice glicemico della dieta, e apporta composti bioattivi con proprietà antiossidante e chemio-preventiva.

Dieta vegetariana e prevenzione del diabete mellito tipo 2

Gli studi osservazionali riportano un effetto protettivo della dieta vegetariana nei confronti dello sviluppo del diabete di tipo 2. Molto importanti a questo riguardo sono gli studi condotti sulle comunità degli Avventisti del 7 giorno (un gruppo religioso incoraggiato dalla chiesa ad evitare il consumo di carne, pesce, uova, caffè, alcol e tabacco). I risultati del “The Adventist Health Study-2”,  dimostrano che il rischio di diabete era più basso del 49% nei vegani, del 46% nei latto-ovo vegetariani e del 30% nei pesco-vegetariani, rispetto ai non vegetariani. I semivegetariani (individui che consumano carne, uova e prodotti lattiero-caseari  ≥1 volta al mese e <1 volta la settimana), avevano un rischio di diabete intermedio, inferiore del 24% rispetto ai non vegetariani.

Dieta vegetariana e controllo glicemico

 I risultati degli studi d’intervento nei pazienti diabetici tipo 2 suggeriscono che seguire una dieta vegetariana offre maggiori vantaggi sul peso corporeo, sul controllo glicemico e lipidico, anche rispetto alle diete basate sulle raccomandazioni nutrizionali dell’American Diabetes Society (Ada) e/o dell’European Society for the Study of Diabetes (Easd). La dieta vegetariana consente inoltre di ridurre il fabbisogno dei farmaci anti-diabete

Dieta vegetariana e colesterolo

 Diversi studi hanno dimostrato che la prevalenza di ipertensione è più bassa nei vegetariani/vegani rispetto agli onnivori. Una revisione degli studi di intervento, che ha valutato l’impatto della dieta vegetariana/vegana sui livelli di colesterolo, ha dimostrato che il “cocktail” più efficace per ridurre il colesterolo “cattivo” (Ldl) è la dieta vegetariana/vegana associata al consumo di frutta a guscio, soia e/o fibre, seguito dalle dieta vegana e ovo-latto vegetariana. Questa dieta riduce del 35% di colesterolo Ldl, effetto simile a quello ottenuto con le statine.

Dieta vegetariana/vegana amica del metabolismo. Ma va bene per tutti?

Le diete vegana/vegetariana rappresentano dei pattern dietetici estremi che non possono essere facilmente proposti alla maggior parte dei pazienti affetti da DM2 nel mondo occidentale. Ma esiste un’alternativa più “palatabile”, il popolare pattern dietetico seguito per secoli in diversi paesi dell’area mediterranea. La Dieta Mediterranea ha un basso contenuto di grassi saturi, è moderatamente ricca in grassi monoinsaturi e molto ricca di fibre e quando ristretta in calorie, si è mostrata egualmente efficace nell’indurre un calo ponderale sostenuto (−4.4 kg dopo 2 anni). La dieta mediterranea inoltre, in modo simile alle diete vegetariane, migliora la glicemia a digiuno e la sensibilità insulinica.

Ma quella vegetariana è una dieta davvero “adeguata” per l’uomo?

Le diete vegetariane si associano ad un minor rischio di malattie cronico-degenerative, ma la posizione delle società scientifiche di nutrizione circa l’adeguatezza nutrizionale della dieta vegana è piuttosto contrastante perché questa dieta è carente in alcuni macro-micronutrienti: omega-3, calcio (nei vegani) vitamina D, vitamina B12. La dieta vegana deve dunque essere supplementata con Calcio, Vitamina D e Vitamina B12 , mentre nei vegetariani una dieta ben pianificata contenente verdura, frutta, cereali integrali, legumi, frutta a guscio e semi oleosi può essere adeguata dal punto di vista nutrizionale

DIETA PALEOLITICA

È la dieta degli uomini primitivi che si nutrivano di quello che riuscivano a raccogliere e a cacciare. In questa dieta la quota proteica è decisamente elevata, anche in assenza dell’apporto proteico dei derivati del latte (che mancano completamente). La quota di carboidrati invece non differisce nella quantità ma nella qualità, non prevedendo il consumo di prodotti provenienti dal grano. Il contenuto di sodio è basso, mentre quello di fibre, acido ascorbico e colesterolo è elevato.

Dieta paleolitica e metabolismo

Una recente metanalisi ha analizzato l’efficacia della dieta paleolitica sui fattori di rischio per le malattie croniche, confrontandola con altri regimi nutrizionali. I soggetti nutriti con la dieta paleolitica rispetto ai controlli presentavano una riduzione della circonferenza vita, dei trigliceridi, della pressione arteriosa e della glicemia a digiuno, fattori che caratterizzano la sindrome metabolica.

Dieta paleolitica e salute cardiovascolare. Funziona?

Da altri studi emerge che la dieta paleolitica aumenta il senso di sazietà e migliora la sensibilità insulinica. In generale questi effetti benefici ottenuti nel breve termine, non si mantengono nel lungo periodo. Questa dieta potrebbe dare inoltre problemi sul metabolismo del calcio perché mancano completamente latte e derivati. Gli esperti della Sid concludono dunque che «sono necessari studi su più larga scala e di durata maggiore per trarre conclusioni definitive sia sull’efficacia della dieta paleolitica nella prevenzione di malattie croniche ed eventi cardiovascolari, sia sui suoi possibili effetti avversi».

LA DIETA CHETOGENICA (dieta a bassissimo contenuto di carboidrati)

Dagli anni ’60, la dieta chetogenica ha preso piede nella terapia dell’obesità (con l’introduzione della dieta Atkins) e più di recente è stata proposta come dieta per diabete, policistosi ovarica, acne e alcune forme tumorali. È caratterizzata da: un basso contenuto di carboidrati ( < 50 gr/die, pari circa al 5 per cento del fabbisogno calorico giornaliero), un alto contenuto di grassi (superiore al 60 per cento del fabbisogno giornaliero) e da quantità equilibrate di proteine, senza alcuna limitazione dal punto di vista calorico. Questo regime alimentare induce una condizione metabolica definita “chetosi fisiologica”.

Gli effetti positivi

Riduce l’appetito, induce perdita di peso, migliora il tono dell’umore. Nei soggetti con diabete: migliora l’insulino-resistenza e i parametri glico-metabolici; può portare a ridurre il dosaggio dei farmaci anti-diabete.

Gli effetti negativi

 Secondo alcuni studi, questa dieta modifica l’assetto lipidico in senso aterogeno (aumento del colesterolo “cattivo” e riduzione di quello “buono”; aumento dei trigliceridi); altri studi non hanno confermato questo dato.

Gli esperti della SID concludono dunque che nel breve-medio termine, questo tipo di dieta è efficace nel ridurre il senso di fame e nel promuovere la perdita di peso. Gli effetti sull’assetto lipidico sono discordanti negli studi analizzati pertanto non è possibile dare un giudizio definitivo sul ruolo della dieta chetogenica. La chetosi fisiologica, che si produce nelle diete a basso contenuto in carboidrati, potrebbe inoltre causare in pazienti predisposti episodi gravi di cheto-acidosi, soprattutto se protratte per lunghi periodi.