L’invisibile vista

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L’83 per cento della Cultura umana fluisce dagli occhi: leggiamo, scriviamo, guardiamo e prevalentemente così impariamo.


Pure le più attuali tecnologie d’indagine sull’attività cerebrale [PET-Tomografia a Emissione Positronica, NMR-Risonanza Magnetica Nucleare, SPET-Tomografia a Emissione di Fotone Singolo]  hanno riconfermato che normalmente l’83 per cento dei nostri ricordi è originato dalla Vista, l’11 dall’Udito, il 3 dall’Odorato, il 2 dal Tatto e l’1 dal Gusto: vuol dire che più dei quattro quinti (più di 8 su 10…) di quel che sappiamo è acquisito poiché vediamo, ovvero oltre quattro quinti della nostra evoluzione intellettuale dipendono dai servizi resi alla mente dagli occhi.

Servigi tutt’altro che immediatamente evidenti: “La Vista è un fenomeno dell’Invisibile”, dichiarava già due millenni e mezzo fa Anassagora di Clazomene (499-428 a.Ch.), filosofo presocratico definito fra i Fisici Pluralisti, accreditato ufficialmente d’ aver importato in Grecia la Filosofia.

Per arrivare a comprendere a fondo questa sua affermazione, occorre ricordare che fino alle porte del 1600 le uniche immagini in ogni senso disponibili erano quelle raccolte dall’occhio e conservate dalla memoria ed eventualmente dall’arte figurativa: per la quale e dalla quale era pur sempre l’occhio a doverle riprendere e la memoria a ravvisarle.

Il problema in vista più arduo da risolvere era allora capire come, con un semplice ‘colpo d’occhio’, fosse possibile far ricomparire dentro di noi le apparenze esterne, riguardandocele poi anche a occhi chiusi a volontà.

“Guardare da dentro/dietro gli occhi…”

Il nobile napoletano Giambattista Della Porta (1535-1615) comincia a dar visibilità ai fenomeni della vista quando, suggerendo dei trucchi scenici teatrali, spiega come ‘poggiare’ su una qualunque superficie l’immagine d’un oggetto distante ‘portandovela’ con lenti e specchi concavi. Nel 1589 pubblica la prima descrizione di camera oscura con lente di messa a fuoco, così il suo amico Keplero può finalmente nel 1604 segnalare l’analogia fra le immagini risultanti appunto nella camera oscura e quelle che si formerebbero nell’occhio: “La visione è ottenuta grazie alle immagini della cosa vista che si formano sulla superficie bianca concava della retina”.

S’ingenera così – e con l’aggravante di un famoso esperimento di Cartesio usando un occhio di bue – l’impressione – tuttora corrente – che uno veda il mondo guardandolo da dietro la propria retina, cioè come con altri occhi da dietro i propri occhi.

Ma ‘dietro la retina’, proprio da questo punto di vista, c’è il cervello. Ed è qui il momento di fare chiarezza nell’uso sempre di quest’unica parola ‘immagine’: distinguendo a) l’immagine di quel-che-si-guarda rispetto a b) l’immagine ottica che-ne-risulta-proiettata-sulla-retina, ed entrambe da c) l’immagine mentale che se ne forma e vediamo nel cervello.

È qui che la vista diviene ancora più sottilmente e – per amore d’assurdo – concretamente, “un fenomeno dell’invisibile”, perché diviene un fenomeno culturale: vedere s’impara, come camminare.

Vedere s’impara: come camminare

Infatti il neonato inizialmente guarda, ma non vede: perché occorrono ancora alcuni mesi sia per il completo sviluppo del suo sistema oculare sia per imparare coordinatamente a riconoscerne le percezioni: perché la vista entri pienamente in funzione occorre che pure il cervello si costituisca un repertorio di immagini mnemoniche coscienti con cui raffrontare/riconoscere quelle nuove via via in arrivo.

Più specificamente, la retina è in grado di riprodurre/’scattare’ una nuova immagine ogni centinaio di millisecondi, dopo aver avviato al cervello gli impulsi relativi all’immagine precedente, e quel che si vede è una composizione attuata dalla mente mixando l’accumulo delle informazioni raccolte negli attimi più recenti assieme a tutte quelle precedenti: vedere è un fenomeno invisibile e culturale in quanto è un fenomeno della memoria.

Due semplici esempi

– Tante ‘illusioni ottiche’ funzionano facendo presa su codici di visione culturalmente costruiti, come la rappresentazione bidimensionale, sul piano, di immagini tridimensionali: disegnare un cubo e vederlo dove c’è solo un foglio piatto…

– Quando per un istantaneo cortocircuito mentale le immagini nuove finiscono subito nel canale di quelle provenienti dall’archivio mnemonico, scatta il fenomeno del déjà vu, tanto caro agli occultisti.

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Sergio Angeletti

Presidente vicario dell'ASMI­ - Associazione Stampa Medica Italiana nell'FNSI­ - Federazione Nazionale Stampa Italiana. Maggiori info sul nostro collaboratore