Identificato e schedato nel 1897, questo “pericolo pubblico”, grazie a un’attesa “rieducazione”, si riscatta mettendo oggi invece il suo naturale potenziale a disposizione dei medici.
Tutte la volte che chiamiamo un cagnolotto (tendenzialmente simpatico, ma ufficialmente “ringhioso”) botolo, potremmo ricordare perché il “botulismo”, il bacillo Botulino (Clostridium botulinum) e la tossina botulinica si chiamano così.
Alle origini vi erano le salsicce
La definizione di “botolo” si attaglia spiccatamente ai cani bassi e grassi (tanti bastardi e i bassotti viziati) che somigliano a rumorosi salsicciotti semoventi. Perché botulus in latino vuol dire “salsiccia”, e infatti si cominciò a parlare le prime volte di “botulismo” solo alla fine del 1700, quando nella letteratura medica prese a circolare la descrizione del caso di 13 persone che avevano (sfidando la superstizione?) condiviso uno stesso lotto si salsicce: e sei ne erano morte: di “salsiccismo”, si disse dunque, in latino.
Il colpevole vero è stato identificato e schedato poco più di un secolo fa: nel 1897 il belga Emile Pierre Marie van Ermengem (1851-1932), studiando un caso di botulismo che aveva coinvolto numerose persone e un prosciutto affumicato, isolò da queste carni il nuovo microbo, che battezzò Bacillus botulinum, successivamente classificato nel genere Clostridium, assieme al suo degno “compare” addetto al tetano: il Clostridium tetani, in via di “pentimento” lui pure.
Le tossine prodotte dai due sono ancora considerate le più potenti sostanze velenose esistenti spontaneamente in Natura: iniettate direttamente intramuscolo ne bastano pochi miliardesimi di grammo per uccidere un essere umano.
Da killer a strumento terapeutico: il “pentimento” del botulino
O, grazie al “pentimento” del botulino che la ricerca farmaceutica è stata capace di mediare, per «uccidere i dolori e paralizzare i tremori».
Ricordato inevitabilmente che in greco phàrmakon prima che “medicamento” significò “veleno”, e ricordato altrettanto inevitabilmente Paracelso (1496- 1541) per il fondamentale concetto che la «differenza fra veleno e medicamento la fa il dosaggio», com’è nata l’idea di usare la tossina botulinica quale strumento terapeutico?
Bisognava innanzitutto capirne il meccanismo d’azione: devi conoscere molto bene tutte la caratteristiche comportamentali d’un incallito “killer”, se pensi di potertene servire in qualche raffinata operazione di guerra alla sofferenza. L’abbiamo imparato in tanti film, che iniziavano invariabilmente con la riunione fra gli specialisti per la scelta dei vari “pessimi soggetti” in base alle loro schede………
Dalle prime pagine come “ricercato numero uno” a quella sulle sue ricerche e risultati clinici: ormai più che un “pentito” è un “convertito”. [Qualcuno ha nominato l’Innominato ?]
Credit foto: Public Health Image Library, Center for Disease Control (1979)
Sergio Angeletti
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