L’impatto sull’efficacia dell’immunoterapia può essere influenzata dal sesso dei pazienti, lo studio italiano.

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Il sesso del paziente può avere un impatto sull’efficacia dell’immunoterapia secondo una meta-analisi di 20 studi clinici randomizzati condotti su più di 11.000 pazienti con tumore avanzato.

La meta-analisi è stata realizzata da un team dell’Istituto Europeo di Oncologia e pubblicata su Lancet Oncology.

Gli uomini che ricevono immunoterapia sopravvivono più a lungo 

I risultati dimostrano che il guadagno in termini di prolungamento della sopravvivenza degli uomini che ricevono immunoterapia è quasi il doppio rispetto alle donne.

Gli studi precedenti

Studi precedenti hanno dimostrato che gli uomini hanno quasi il doppio del rischio di mortalità per cancro rispetto alle donne, a causa di stili di vita e fattori biologici. 

Lo studio attuale e i risultati

In questa analisi gli autori si sono concentrati sulla differenza nella sopravvivenza di pazienti curati con immunoterapia: combinando i dati di 20 studi hanno analizzato 11.351 pazienti che sono stati trattati con inibitori di checkpoint immunitari (Ipilimumab, tremelimumab, nivolumab o pembrolizumab) per forme avanzate o metastatiche di melanoma, carcinoma renale, tumore uroteliale, tumori del distretto testa-colo e tumore polmonare. In totale sono stati studiati 7.646 uomini (67%) e 3.705 donne (33%) e il risultato finale è che la riduzione del rischio di morte dei pazienti maschi è il doppio di quella delle pazienti femmine.

Le considerazioni degli studiosi

«Sia il sesso che il genere possono potenzialmente influenzare l’intensità della riposta immunitaria – commenta Fabio Conforti, oncologo medico IEO e primo autore dello studio – In media le donne hanno una risposta più forte degli uomini, nei confronti di numerosi agenti patogeni. Questo spiega il fatto che le donne contraggono meno infezioni e di gravità più lieve, oltre ad essere più reattive alle vaccinazioni. D’altro lato però l’80% dei pazienti con malattia autoimmune è donna. È possibile quindi che le differenze nel sistema immunitario fra donne e uomini abbiano una funzione importante nel corso naturale delle malattie infiammatorie croniche, come il cancro, e nella loro riposta ai farmaci».

Gli autori aggiungono che è ben documentata una differenza nel sistema immunitario, legata al sesso, anche a livello cellulare, come risultato di interazioni complesse fra i geni, gli ormoni, l’ambiente e la composizione del microbioma.

«Malgrado l’evidenza del potenziale ruolo del sesso nell’influenzare il meccanismo d’azione di un farmaco – continua Conforti – gli studi clinici che sperimentano nuove terapie solo raramente ne tengono conto. Gli inibitori di check point immunitari hanno rivoluzionato la cura del cancro, mostrando un’efficacia superiore alle terapie standard per molti tipi di tumore. Al fine di sviluppare nuovi approcci che utilizzano immunoterapia sempre più efficaci, le differenze di sesso dovrebbero essere studiate più profondamente. Il messaggio principale del nostro lavoro, non è certamente quello di dire che gli attuali trattamenti, compresi quelli immunoterapici, dovrebbero essere modificati sulla base di questi dati, ma che sicuramente dobbiamo capire meglio i meccanismi alla base delle differenze maschi-femmine per assicurarci che queste cure innovative siamo ottimizzate per tutti, donne e uomini».

Le conclusioni

Va sottolineato che le donne sono sottorappresentate in tutti gli studi clinici – conclude Aron Goldhirsch, Direttore Divisione Melanoma, Sarcomi Tumori Rari IEO e coordinatore del lavoro.– Infatti in metà degli studi inclusi nella nostra meta-analisi, le donne rappresentano meno di un terzo della popolazione. È ovvio dunque che il singolo studio non ha la potenza statistica adeguata nel dimostrare una correlazione fra sesso ed efficacia del trattamento. Quindi i nostri risultati sottolineano il bisogno di analisi specifiche per sesso, per evitare di estendere alle donne risultati ottenuti principalmente in pazienti maschi. Un errore che potrebbe portare a una qualità di cura inferiore, e potenzialmente un danno».

Fonti:

https://www.ieo.it/