Ricordi post mortem: ecco come si formano

3992
morte
Tempo di lettura: 3 minuti

Quando si muore, ciò che si sperimenta è un segreto che solo la persona coinvolta conosce. Ma come si formano questi ricordi post mortem?

Alcuni ricercatori hanno scoperto che questi ultimi attimi di coscienza sarebbero il frutto di qualcosa di straordinario e misterioso che ha luogo nel nostro cervello.

Nel 2013 i ricercatori dell’Università del Michigan hanno scoperto che dopo la morte clinica di alcune cavie di laboratorio, l’attività cerebrale si è sorprendentemente dilatata, rivelando impulsi elettrici di consapevolezza, che hanno persino oltrepassato i livelli registrati negli animali in stato di coscienza.

Quasi morte

Abbiamo ragionato sul fatto che se l’esperienza di quasi morte deriva dall’attività cerebrale, i correlati neuronali della coscienza dovrebbero essere identificabili negli umani o negli animali anche dopo la cessazione del flusso sanguigno cerebrale” ha spiegato Jimo Borjigin, neurologo partecipante allo studio.

E questo è esattamente quello che è stato rilevato nelle cavie di laboratorio nei primi 30 secondi dopo che era stato indotto loro un arresto cardiaco sotto anestesia.

Questo studio spiega che la riduzione di ossigeno o di ossigeno e di glucosio durante l’arresto cardiaco può stimolare l’attività cerebrale che è caratteristica di una elaborazione conscia” ha proseguito Borjigin. “Lo studio fornisce anche il primo contesto scientifico per le esperienze di quasi morte riportate da molti sopravvissuti ad un arresto cardiaco”.

Come interpretare le esperienze post mortem

Di certo, mentre i risultati stabiliscono un nuovo contesto per interpretare da dove vengono le esperienze di quasi morte, non necessariamente le persone avranno la stessa esperienza delle cavie di laboratorio nel loro viaggio oltre la morte.

Ma se il nostro cervello in qualche modo si comporta nello stesso modo, questa ricerca può aiutare a spiegare il senso di consapevolezza descritto da molte persone che sono ritornate in vita dopo emergenze mediche.

L’extracorporeo

Qualcuno che sa qualcosa in più sulla questione è il ricercatore di terapia intensiva Sam Parnia dell’Università di Stony Brook, che nel 2014 ha pubblicato il più grande studio al mondo che esaminava le esperienze di quasi morte e quelle extracorporee.

A partire dalle interviste di oltre 100 sopravvissuti ad un arresto cardiaco, il 46% ha conservato memoria del proprio incontro con la morte riportando una serie di temi comuni: luci intense, famiglia, paura.

Ma cosa ancor più affascinante, due dei pazienti sono stati in grado di ricordare eventi legati alla loro rianimazione, avvenuta dopo che erano morti. Questo, stando alle teorie convenzionali sullo stato di coscienza dopo la morte clinica, non sarebbe dovuto essere possibile.

Sappiamo che il cervello non può funzionare quando il cuore ha smesso di battere, ma in questo caso lo stato di consapevolezza conscia risulta essere continuato per tre minuti nel momento in cui il cuore aveva smesso di battere” ha rilasciato Parnia al The National Post “anche se il cervello solitamente si spegne entro 20-30 secondi dopo che il cuore ha smesso di battere”.

Sembra incredibile, ma è importante sottolineare che il fenomeno è stato riportato solo dal 2% dei pazienti. Lo stesso ricercatore ha poi ammesso che “la spiegazione più semplice è che questo sia probabilmente un’illusione”.

Illusione o risposta neurologica?

Questa “illusione” può essere il frutto di una risposta neurologica allo stress psicologico durante gli episodi cardiaci. In altre parole, una esperienza cognitiva precedente (e non consecutiva) alla morte clinica stessa, che viene poi ricordata dal paziente.

Questo è quanto molte comunità neuroscientifiche tendono a pensare.

La nostra percezione del sé, il nostro senso dell’humor, la nostra abilità di pensare oltre… tutto questo scompare nei primi 10-20 secondi (dopo la morte)” stando a quanto ha detto il neurologo Cameron Shawdell’Università Deakin in Australia alla rivista Vice.

Nel momento in cui le onde delle cellule cerebrali assetate di sangue si diffondono, le nostre memorie e i centri del linguaggio si riducono, fino a che non rimane che il nucleo”.

Cosa accadrà in futuro?

Nonostante le attuali prospettive non siano molto incoraggianti, i ricercatori sono ancora alla ricerca di prove di processi biologici sorprendenti che continuano a manifestarsi anche giorni dopo la morte.

Fonti:

https://sanifutura.it/neurodegenerazione/ecco-cosa-succede-al-cervello-quando-muori/

AWAreness during REsuscitation—A prospective study

http://www.uofmhealth.org/news/archive/201308/electrical-signatures-consciousness-dying-brain

https://www.vice.com/en_au/article/4xp5en/we-dissected-a-brain-to-understand-what-happens-when-you-die