Collagene e plasmina: con queste due molecole il nostro sistema immunitario contiene ed elimina le infezioni cutanee.
Lo rivela uno studio dell’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con la Harvard Medical School di Boston appena pubblicato sulla rivista Science Immunology.
Sono due le fasi attraverso cui il nostro sistema immunitario risponde alle infezioni cutanee, come quelle provocate da Candida albicans e Staphilococcus aureus.
Nella prima, i globuli bianchi costruiscono insieme al collagene una barriera che evita la diffusione dell’infezione. Con la seconda fase, è l’attivazione di un enzima, la plasmina, che provoca una ferita dei tessuti, aprendo la via all’espulsione dei microrganismi responsabili dell’infezione e facendo così iniziare il processo di riparazione.
A spiegare per la prima volta questo meccanismo è lo studio “Skin infections are eliminated by cooperation of the fibrinolytic and innate immune systems” pubblicato su Science Immunology e realizzato da William Santus, Francesca Granucci e Ivan Zanoni, rispettivamente dottorando, docente e ricercatore di patologia generale presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con Achille Broggi, ricercatore dell’Harvard Medical School presso il Boston Children’s Hospital, Divisione di Gastroenterologia.
Durante la prima fase, i granulociti, cioè un particolare tipo di globuli bianchi, si convogliano nel luogo dell’infezione e formano un ascesso circondato da una capsula di collagene che funziona da barriera per bloccare i microrganismi e evitare così la diffusione dell’infezione.
Nello stesso tempo, dei linfociti del sistema immunitario, le cosiddette cellule Natural Killer, attivatesi in seguito all’infezione, producono la molecola infiammatoria IFN-gamma che da una parte evita la produzione eccessiva di collagene, e dall’altra induce la produzione di plasmina, un enzima con il principale compito di sciogliere i coaguli formatisi in seguito a lesioni vascolari.
Inizia ora la seconda fase grazie alla plasmina che attiva altri enzimi chiamati proteasi, rilasciati nel tessuto infiammato, i quali avranno il compito di rimuovere la capsula di collagene e provocare una ferita dei tessuti, da cui vengono espulsi i microrganismi e i granulociti ormai morti contenuti all’interno dell’ascesso.
In questo modo l’ascesso si svuota, l’infezione viene eliminata e può avere inizio il processo riparativo dei tessuti.
Al contrario, si è notato che quando la molecola IFN-gamma non viene prodotta o viene prodotta in scarsa quantità, si forma una spessa capsula di collagene intorno all’ascesso che impedisce la formazione dell’ulcerazione e quindi l’eliminazione dei microrganismi, prolungando anche di mesi la guarigione dell’infezione.
«Questo lavoro, per ora realizzato su modelli animali – sottolinea Francesca Granucci, docente di patologia generale di Milano-Bicocca – offre una possibile spiegazione molecolare del perché gli individui soggetti a terapie immunosoppressive o individui con mutazioni che impediscono il funzionamento dell’IFN-gamma soffrano di infezioni cutanee ricorrenti. Stiamo ora valutando se l’IFN-gamma, somministrato in loco in diverse forme, come crema, veicolato da nanoparticelle o in associazione a farmaci antibiotici, possa accelerare il processo di eliminazione definitiva di infezioni a livello cutaneo e gengivale».
Redazione
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