Compagnie Assicurative d’accordo con lo Stato per far pagare ai cittadini i costi della sanità?

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Compagnie assicurative e salute
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Quando un’assicurazione si rifiuta di assicurarti, evidentemente è perché non ha convenienza a prendersi quel rischio. Ed è  esattamente ciò che sta accadendo alle strutture sanitarie italiane: sempre meno compagnie assicurative si assumono il rischio di assicurare una Asl o una azienda ospedaliera, se non in virtù della corresponsione di premi elevati. Abbiamo incontrato l’avvocato Franco Carraro, esperto in materia ed autore del libro Salute SPA.

Quando un’assicurazione si rifiuta di assicurarti, evidentemente è perché non ha convenienza a prendersi quel rischio. Ed è  esattamente ciò che sta accadendo alle strutture sanitarie italiane: sempre meno compagnie assicurative si assumono il rischio di assicurare una Asl o una azienda ospedaliera, se non in virtù della corresponsione di premi elevati.

Per reazione, le ASL e le aziende ospedaliere delle varie regioni stanno iniziando a fare di necessità virtù: risparmiano sui costi delle assicurazioni e pagano direttamente i risarcimenti ai pazienti (con i soldi pubblici, evidentemente).

Dall’altro lato, però, le compagnie assicurative si sono accorte che i cittadini italiani spendono ancora poco per assicurare sé stessi dagli imprevisti in materia di sanità privata.

In altri termini, i cittadini spendono molto di tasca propria (circa 40 miliardi all’anno) per ovviare ai disservizi o alle lacune della sanità pubblica, ma non lo fanno quasi mai attraverso la ‘copertura’ di una polizza sanitaria: questo è il mercato davvero remunerativo per le compagnie assicurative sul quale le stesse hanno messo da tempo gli occhi.

Ecco uno degli scenari che Francesco Carraro e Massimo Quezel hanno messo in evidenza nel libro Salute SPA, edito da Chiarelettere.

L’intervista a Francesco Carraro

Abbiamo intervistato l’avvocato Carraro che ci ha spiegato: “Mettendo insieme una serie di informazioni sul settore assicurativo e non solo, è emerso un quadro che lascia intendere una chiara e ben orchestrata volontà di trasformare il nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN) da eccellenza invidiata all’estero a sistema semi privatistico. A favore quindi dei grossi gruppi assicurativi.”

Andiamo per ordine.

Assicurare gli ospedali è un mercato in perdita. Per un’azienda ospedaliera trovare un’assicurazione con cui sottoscrivere una polizza a copertura dei danni che i propri medici, per errore, potranno arrecare ai pazienti sta diventando sempre più difficile.

Perchè le compagnie assicurative fuggono dagli ospedali

Spiega l’avvocato Carraro: “Le grandi compagnie assicurative, che sono la “Ferrari del calcolo del rischio” – per così dire –  e cioè le strutture ovviamente più attrezzate e qualificate a fare il mestiere assicurativo, stanno scappando dal comparto dell’assicurazione medica relativa alla responsabilità civile  perché lo ritengono un affare non solo poco redditizio, ma addirittura controproducente.

Assicurare gli ospedali e i medici è un business in perdita. E quindi le compagnie, ragionando in una logica, ovvia, di carattere capitalistico e commerciale, rifuggono dal settore. I bandi pubblici – finalizzati a individuare compagnie assicurative disposte a investire – spesso  vanno deserti.

I calcoli sono facili da farsi: negli ultimi anni siamo arrivati anche a  contare fino a 30.000 denunce all’anno per casi di malasanità, dati ANIA/Associazione Nazionale Imprese Assicuratrici, non tutte le quali ovviamente conducono a una liquidazione, ma sono comunque numeri molto alti; inoltre, i casi di responsabilità sanitaria portano mediamente a risarcimenti di circa 80-90.000 euro e il conto complessivo supera il miliardo di euro all’anno.”

L’assenza dello Stato nella tutela degli interessi degli ospedali

In questo scenario lo Stato si dimostra assente, o comunque poco presente nel tutelare gli interessi delle strutture ospedaliere. È  lo stesso Carraro a metterlo in evidenza: “Tutto questo sta avvenendo con il sostegno diretto dello Stato perché se la legge, giustamente, obbliga i cittadini a sottoscrivere una polizza RC-auto, dall’altro non obbliga altrettanto rigorosamente le strutture sanitarie ad assicurarsi (nel senso ‘tradizionale’ del termine, cioè munendosi di una polizza).

Nel 2017, la legge Gelli Bianco ha ulteriormente riformato il comparto della sicurezza delle cure e della assicurazione sanitaria stabilendo (in realtà, confermando un trend già in atto da anni) che l’obbligo assicurativo per le ASL e le aziende ospedaliere di coprirsi per i danni da esse cagionati a terzi nell’esercizio delle loro attività può essere supplito da una fattispecie analoga, ossia l’autoassicurazione, il “fai da te”.

Va precisato, comunque, che già le precedenti norme legittimavano questa situazione, e la Gelli-Bianco l’ha definitivamente consacrata come opzione praticabile. Anzi, dirò di più: ulteriormente disciplinabile da decreti attuativi, di cui ad oggi non v’è traccia.”

Le aziende sanitarie si auto assicurano …un futuro in rosso.

In queste condizioni, le regioni iniziano a pensare di poter risparmiare – grazie alla autoassicurazione –  il costo delle polizze per la responsabilità professionale sanitaria, migliorando così i disavanzi di bilancio e ottimizzando la spending review; apparentemente tutto fila liscio. Per capirci, nell’anno 2009-2010 la Regione Toscana (la prima in Italia ad avviarsi lungo la strada della self insurance) aveva speso 52 milioni di euro quali premi per polizza e costo franchigie.

Il calcolo/scommessa è che il risarcimento diretto dei danni costerà meno rispetto all’assicurazione. Per ora, tutto regge. Tuttavia, se le assicurazioni, che sono le strutture professionalmente più attrezzate nello stimare il pricing del rischio, non vogliono più coprire le strutture ospedaliere, una ragione ci sarà. Infatti, spiegano gli autori, “le compagnie assicurative quando fanno questi calcoli e redigono il bilancio mettono ‘in conto’  anche le cosiddette ‘riserve’, ossia le somme non ancora pagate a titolo di risarcimento per un determinato danno ma che si prevede potranno essere corrisposte in futuro.

Per esempio, le denunce di sinistro pervenute nel 2018 (cosiddetta ‘generazione 2018’) non vengono certo esaurite  tutte (con una liquidazione o con una archiviazione senza seguito) nel 2018, ma nell’arco di parecchi anni; questo perchè la durata media per il completamento della trattazione di una intera generazione di sinistri è di almeno 10 anni.

Le compagnie assicurative, che lo sanno, ogni anno – oltre a pagare i risarcimenti relativi alle pratiche già ‘definibili’ –  stimano e accantonano delle somme, dette ‘riserve’, per le posizioni che verranno presumibilmente a maturazione nel prossimo o remoto futuro. Gli enti pubblici, invece, non lo fanno. E quindi si pone un problema di contabilità e sostenibilità. La prima Regione a intraprendere questa via è stata la Toscana, ma ora molte altre ASL e Regioni stanno seguendo la stessa strada.”

Assicurare i cittadini è un ottimo business

Salute ed assicurazione, in ogni caso, non sono due mondi necessariamente in contrasto, anzi. Le compagnie assicurative sono molto interessate al tema salute, ma solo in specifici ambiti e sotto precise condizioni; infatti, “se, da un lato, le assicurazioni fuggono dal comparto della responsabilità professionale sanitaria, dall’altro hanno ben chiaro il business dell’assicurazione sanitaria per i cittadini.

L’ammontare complessivo della spesa sanitaria italiana (pubblica e privata) è di circa 149-150 miliardi di euro annui e, di questi,113 miliardi circa sono di sanità pubblica. Gli altri 37-38 miliardi sono spese private delle famiglie ossia out of pocket. Com’è facile calcolare, la spesa privata è pari quasi al 25 per cento dei costi del sistema sanitario nel suo complesso.”

Questa spesa a carico del cittadino è destinata col tempo a crescere, non fosse altro a causa dei tagli sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ovvero al loro insufficiente finanziamento.”Tutti hanno diritto ai LEA – spiega Carraro – la tutela della salute è un diritto costituzionale che viene prima del pareggio di bilancio, ma se da quella lista si levano delle prestazioni o le si rendono a pagamento col ticket si lasciano scoperti i cittadini mettendo a repentaglio la loro salute, perché così si allungano anche le liste d’attesa, ma soprattutto li si costringe a pagare. Così il Sistema crea un nuovo bisogno, quello di una polizza malattia.

I cittadini italiani saranno la prossima miniera d’oro per la compagnie assicurative in ambito di salute

Ed è proprio qui che risiedono gli interessi delle compagnie assicurative, “il dato più interessante è quello che riguarda l’intermediazione assicurativa della spesa sanitaria privata. Negli USA è di circa il 75%, in Francia il 65%, in Germania il 43% in Italia solo del 13-14% e questo sì che è un mercato remunerativo per le compagnie assicurative”.

Il quadro che emerge collegando i vari punti presentati da Carraro e Quezel è molto lucido: i tagli alla sanità costringono sempre più spesso i cittadini ad integrare di tasca propria certe spese e a maturare l’idea che forse un’assicurazione integrativa possa essere un buon affare. Così lo Stato, lungi dal difendere la salute come diritto costituzionale, la spinge nelle mani private delle assicurazioni.

Al momento questi sono solo scenari che emergono da tendenze. Le riflessioni presentate sono frutto di ipotesi sviluppate sulla base di esperienza professionale e ben documentate da fatti, quindi ipotesi assolutamente realistiche. L’avvocato Carraro si spinge anche oltre:  “Nei titoli di giornali e nei Tg si sente spesso parlare di malasanità, come ad esempio storie di chirurghi che sbagliano e procurano ai paziente danni multi milionari. Questo è il tipo di casi di cui ci occupiamo noi e che accadono realmente.

Tuttavia, sorge il dubbio che queste notizie vengano amplificate a livello mediatico anche per ragioni propagandistiche, per diffondere una cultura di sospetto e scarsa considerazione verso il sistema sanitario pubblico, così da assecondare un trend di sempre maggior predisposizione, da parte del cittadino bisognoso di cure, verso l’universo della sanità integrativa privata.”