Verso la prescrizione di musica personalizzata per il trattamento di ipertensione e aritmia

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Presto i cardiologi potrebbero prescrivere ai pazienti l’ascolto di musica personalizzata per trattare certi casi di ipertensione ed aritmia ed evitare gli effetti collaterali dei farmaci. E’ la suggestiva ipotesi presentata da un nuovo studio della Società Europea di Cardiologia.

Un gruppo di ricercatori del Centro Nazionale di Ricerca francese (CNRS), coordinati dalla professoressa Elaine Chew, hanno scoperto che il cuore di ciascuno di noi ha un suo caratteristico modo di reagire all’ascolto di brani musicali.

Significa che se ci sono 100 persone ad ascoltare l’esecuzione della Sonata al Chiaro di Luna di Beethoven, ad esempio, i cuori di ciascuno di essi risponderanno a livello elettrico in modo diverso.

Ciò che è calmante per una persona può essere eccitante per un’altra

“Abbiamo usato metodi molto precisi per registrare la risposta del cuore alla musica e abbiamo scoperto che ciò che è calmante per una persona può essere eccitante per un’altra”, spiega la professoressa Elaine Chew.

A differenza di molti studi che si concentrano sul misurare la frequenza cardiaca e come questa cambia a seconda degli stimoli esterni, lo studio francese si è concentrato sull’attività elettrica del cuore durante il tempo di recupero. Ossia su come il cuore si comporta tra un battito e l’altro. 

“Siamo interessati al tempo di recupero del cuore (piuttosto che alla frequenza cardiaca) perché è collegato alla stabilità elettrica del cuore e alla suscettibilità a pericolosi disturbi del ritmo cardiaco – ha spiegato il responsabile medico del progetto, il professor Pier Lambiase, dell’University College di Londra – in alcune persone i disturbi del ritmo cardiaco potenzialmente letali possono essere innescati dallo stress. Usando la musica possiamo studiare come lo stress (o la leggera tensione indotta dalla musica) altera questo periodo di recupero.” 

Usare la musica come farmaco per il trattamento di ipertensione e aritmie

I ricercatori hanno così scoperto che a parità di brano musicale il tempo di recupero del cuore era significativamente diverso da persona a persona. In alcuni casi questo tempo si riduceva di ben 5 millisecondi (un tempo importante in ambito cardiologico), indicando un aumento dello stress e dell’eccitazione; in altri casi il tempo di recupero si allungava di ben 5 millisecondi, il che indicava un maggior rilassamento .   

“Comprendendo come il cuore di un individuo reagisce ai cambiamenti musicali, abbiamo in programma di progettare interventi musicali su misura per ottenere la risposta desiderata” ha spiegato la prof.ssa Chew.

Il prof. Lambiase inoltre afferma che “questo approccio potrebbe essere per ridurre la pressione sanguigna o ridurre il rischio di disturbi del ritmo cardiaco senza gli effetti collaterali dei farmaci”.

Al momento lo studio è stato realizzato su un ridotto numero di pazienti tutti dotati di pacemaker, quindi costantemente monitorati. I ricercatori contano di proseguire con la raccolta dati per confermare queste prime evidenze.

Fonti:

European Heart Society – https://www.escardio.org/The-ESC/Press-Office/Press-releases/Every-heart-dances-to-a-different-tune