Come il cambiamento climatico metterà a rischio la sicurezza alimentare globale

221
Tempo di lettura: 2 minuti

La FAO lancia l’allarme sul riscaldamento globale e invita a intervenire il prima possibile per far fronte alle trasformazioni che potrebbero danneggiare i sistemi alimentari del mondo.

Viviamo in un mondo sempre più caldo e in cui il cambiamento climatico rischia di mettere in crisi i vari sistemi alimentari del globo, influenzando la sicurezza alimentare, la disponibilità di risorse e, dunque, la povertà globale. A lanciare l’allarme è la FAO – Food and Agriculture Organization, nel suo nuovo rapporto lo “Stato dell’alimentazione e dell’agricoltura” (SOFA 2016) pubblicato lo scorso 17 Ottobre.

«Non c’è dubbio sul fatto che il cambiamento climatico influisca sulla sicurezza alimentare», ha detto il Direttore Generale della FAO José Graziano da Silva, alla presentazione del rapporto. «Il cambiamento climatico ci riporta alle insicurezze di quando eravamo cacciatori e raccoglitori. Non possiamo più essere sicuri di raccogliere quello che abbiamo seminato».
La FAO avverte quindi che è necessario un cambiamento di rotta per evitare che altre milioni di persone (oltre a quelle già esistenti) vengano messe a rischio fame e povertà. Infatti, il futuro della sicurezza alimentare in molti paesi, a partire dalle zone più povere dell’Africa sub-sahariana e del Sud e Sud-Est asiatico, è destinata a peggiorare progressivamente se non si interviene subito e si rivedono i sistemi agricoli e alimentari dei vari ecosistemi. 

L’agricoltura, infatti, nel suo complesso, includendo nel termine la silvicoltura, la pesca e la zootecnia, genera a livello mondiale circa un quinto delle emissioni di gas serra e secondo il rapporto della FAO deve contribuire maggiormente sia a combattere il cambiamento climatico, sia a contrastarne l’impatto

Cosa potrebbe accadere al mondo?

Gli effetti globali negativi del cambiamento climatico si fanno già sentire ad oggi in alcuni dei rendimenti delle colture cerealicole. 
Ma in generale il cambiamento climatico porterà molto probabilmente ad una perdita del contenuto nutrizionale di alcuni alimenti, come il calo di zinco, di ferro e di proteine in alcune tipologie base di cereali, e innescherà nuovi problemi di salute, come stati di diarrea per gli esseri umani e una serie di malattie animali estremamente contagiose e mortali. 

La ricerca sul global warming concorda, infatti, che dopo il 2030 tutto il mondo sentirà le pressioni negative che il cambiamento climatico ha causato sulla produzione alimentare.
Fino ad allora, l’impatto negativo di temperature più alte sarà percepito maggiormente nei paesi in via di sviluppo, facendo intravedere cattive prospettive per la loro autosufficienza alimentare.

Non c’è una risposta unica per tutti

Il SOFA 2016 sottolinea che il successo nel trasformare i sistemi alimentari e agricoli dipenderà in larga misura dal sostegno che si riuscirà a dare ai piccoli contadini ad adattarsi al cambiamento climatico.  Nei paesi in via di sviluppo vivono circa mezzo miliardo di famiglie di piccoli contadini che producono cibo e altri prodotti agricoli in condizioni agro-ecologiche e socio-economiche notevolmente diverse. Ecco quindi che le soluzioni devono essere necessariamente adattate a tali condizioni

Nel rapporto FAO vengono quindi descritte alternative e modi economicamente validi (come per esempio l’adozione di pratiche “intelligenti dal punto di vista del clima”) per aiutare i piccoli agricoltori ad adattarsi alle conseguenze del cambiamento climatico e per rendere le condizioni di vita delle popolazioni rurali più resistenti.

Il rapporto identifica anche politiche e opportunità di finanziamento per un’intensificazione sostenibile dell’agricoltura. Infatti, soltanto con l’adozione di pratiche più ecologiche sarà possibile ridurre le emissioni di gas serra e incrementare, nel contempo, la produzione di cibo. Ma non solo: sarà infatti possibile ridurre le perdite e gli sprechi alimentari, nonché promuovere un’alimentazione più sana che, oltre a far bene, lasci anche un’impronta ambientale più leggera

Fonti:
http://www.fao.org/publications/sofa/sofa2016/en