Ecco perché (forse) la maggior parte delle ricerche in nutrizione non servono a nulla

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Nel 2016 in occasione del festival scientifico “Frascati Scienza” venne realizzato e pubblicato un divertente video che metteva in evidenza la complessità e contraddittorietà di molte ricerche in ambito nutrizionale.

Se infatti prestassimo attenzione a tutte le ricerche scientifiche nell’ambito delle scienze alimentari fondamentalmente non potremmo mangiare nulla. Tutto è in qualche modo correlato al cancro, o perché ne favorisce la comparsa o perché lo previene. Salvo poi leggere altri studi, altrettanto scientifici, che affermano il contrario: il risultato è solo una grande confusione.

L’11 settembre del 2018, data casuale ma comunque simbolica, una vera e propria “bomba scientifica” si è abbattuta sulle scienze nutrizionali: il dott. John Ioannidis, già noto per aver pubblicato nel 2005 un articolo dall’emblematico titolo “Perchè molte delle scoperte scientifiche pubblicate sono false”, ha pubblicato su JAMA (il giornale dell’associazione dei medici americani) i risultati di una sua nuova ricerca nella quale dimostra come la maggior parte delle ricerche in ambito nutrizionale si basi su metodi poco scientifici, in sostanza si può parlare di ricerche quasi del tutto inutili.

Ioannidis ormai è noto per lanciare vere e proprie “bombe” nel mondo della ricerca scientifica: il suo articolo sulla crisi di riproducibilità negli esperimenti scientifici, che dal 2005 ad oggi non è mai stato confutato, ha avuto un impatto tremendo sulla comunità scientifica: l’articolo è stato letto più di 2,5 milioni di volte, numeri che farebbero invidia anche alla coppia social Ferragni – Fedez. Sopratutto se consideriamo che è rivolto esclusivamente alla comunità scientifica.

La tesi di fondo che Ioannidis sostiene da anni è che il processo con il quale acquisiamo nuove conoscenze è fondamentalmente imperfetto e gran parte di ciò che pensiamo di sapere sia in realtà sbagliato.

 

La ricerca sulla nutrizione ha bisogno di una “riforma radicale”

Già da tempo diversi opinionisti hanno fatto notare come molte ricerche in nutrizione fossero di un impatto scientifico scadente se non in alcuni casi addirittura contraddittorio. La ragione sta nel modo con cui queste ricerche vengono condotte: troppi di questi risultati si affidano a questionari sulle abitudini alimentari dei pazienti, su cosa e quanto hanno mangiato. Viene chiesto ai diversi volontari che partecipano allo studio di compilare dei diari alimentari. Qui risiede il cuore di queste ricerche ma, come il buon senso già farebbe pensare, è tutt’altro che scontato che i volontari seguano fedelmente questa noiosa pratica quotidiana.  E’ forse questa una delle ragioni per cui la ricerca ha collegato praticamente tutto al cancro.

In un nuovo articolo pubblicato su JAMA il dott. Ioannidis afferma apertamente che l’epidemiologia nutrizionale necessita di “riforme radicali”.

In un paragrafo cattura perfettamente l’assurdità di questo settore, scrivendo:

“… mangiare 12 nocciole al giorno (1 oz) prolungherebbe la vita di 12 anni (ovvero 1 anno per nocciola), bere 3 tazze di caffè al giorno otterrebbe un guadagno simile di 12 anni extra e mangiare un singolo mandarino ogni giorno (80 g) aggiungerebbe 5 anni di vita, al contrario, consumare 1 uovo al giorno ridurrebbe l’aspettativa di vita di 6 anni, e mangiare 2 fette di pancetta (30 g) al giorno ridurrebbe la vita di un decennio, un effetto peggiore del fumo. Possono essere considerati veri questi risultati? “

La risposta alla sua domanda retorica è ovviamente no. Quindi, come è stato possibile che questa spazzatura scientifica sia stata pubblicata?

 

Confusione residua ed il reporting selettivo: i due “virus” che inquinano la ricerca

Il dott. Ioannidis identifica le cause in due principali fenomeni: la confusione residua ed il reporting selettivo.

Per confusione residua intende quando si conclude erroneamente che A causa B mentre invece in realtà, è qualche altro fattore X a causare B.

Il problema per i ricercatori si presenta quando A e X sono correlati l’uno con l’altro: rintracciare in questi casi la vera causa può essere decisamente difficile.

Ad esempio mangiare molto bacon può essere associato con un’accorciamento dell’aspettativa di vita.  Ma forse i mangiatori di pancetta sono anche meno propensi a fare esercizio fisico, e la mancanza di esercizio (il fattore di confusione) è la vera causa di una vita più breve.

Il confondimento residuo si riferisce al fatto innegabile che non possiamo sapere se il confondimento è presente finché almeno non ci si prende la briga di misurare i fattori di confusione. Sempre che li riusciamo ad identificare.

A complicare le cose è il fatto che potrebbe non essere nemmeno possibile misurare alcuni potenziali fattori di confondimento, come ad esempio lo stile di vita di una persona che potrebbe cambiare nel tempo, oppure quale sia il suo background genetico o l’esatta composizione chimica delle migliaia di cibi diversi sul mercato.

Per reporting selettivo invece Ioannidis intende il fatto che qualsiasi studio che mostri un legame tra bacon e morte prematura è più probabile che venga pubblicato rispetto ad uno studio che non mostra alcun collegamento. Così combinati, il dott. Ioannidis crede che questi due fenomeni, il confondimento residuo ed il reporting selettivo, abbiano creato un bias sistemico nella ricerca nutrizionale.

 

Quando sono le opinioni a determinare quali dati debbano essere raccolti

Ma non è finita, il dr. Ioannidis accusa gli attivisti dell’alimentazione e della nutrizione di condizionare l’impostazione delle ricerche ed afferma: “le linee guida per una corretta alimentazione redatte delle società scientifiche invece di essere dettate da studi primari accuratamente condotti per dare precise informazioni vengono plasmate dai sostenitori di determinate correnti scientifiche che dettano in anticipo ciò che gli studi primari dovrebbero segnalare”. In altre parole sono le opinioni a determinare quali dati debbano essere raccolti e riportati, piuttosto che i dati a guidare le opinioni dei ricercatori. Questo è esattamente il contrario di ciò che dovrebbe accadere.

Non sorprende perciò che i risultati dell’epidemiologia nutrizionale spesso falliscano nell’essere riprodotti quando vengono testati in studi clinici.

 

Come si possono risolvere questi problemi nella ricerca sulla nutrizione?

Le soluzioni suggerite dal dott. Ioannidis non sono limitate solo al campo della nutrizione:

– più accesso ai set di dati completo;

– più indagini indipendenti;

– più trasparenza.

Sfortunatamente le cattive abitudini in questo campo sono così profondamente radicate (e gli interessi specifici di chi fa soldi vendendo libri sulle diete sono altrettanto dedicati a mantenere lo status quo delle cose) che questa riforma al momento sembra improbabile.

 

Attenzione a non fare di tutta l’erba un fascio

“E’ sempre pericoloso quando certe notizie arrivano al pubblico generale. Se è vero che la ricerca in ambito nutrizionale necessita ancora di miglioramenti è altrettanto vero che i risultati fin qui raggiunti sono stati molto soddisfacenti – chiarisce il prof. Carruba, ordinario di farmacologia clinica presso l’Università Statale di Milanoa fare certe affermazioni si corre il rischio di screditare tutto un intero settore che invece lavora con grande professionalità. Tutte le linee guida in ambito nutrizionale sono basate su solide documentazioni scientifiche ed oggettivamente portano salute ai cittadini che le seguono. Bisognerebbe piuttosto educare ad una corretta informazione sulla salute, certi moniti come anche, e mi dispiace dirlo, quelli dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che ha recentemente classificato come cancerogeni gli insaccati, andrebbero inquadrati e spiegati meglio, si rischia altrimenti l’ideologizzazione della scienza.”

Attenzione quindi quando leggiamo certe notizie: è giusto darle perché sono pubbliche e mettono in luce oggettivi problemi. Allo stesso tempo è giusto inquadrarle nel modo corretto perché possano svolgere a pieno una funzione di critica costruttiva al sistema.

Fonti:
John P. A. Ioannidis. “The Challenge of Reforming Nutritional Epidemiologic ResearchJAMA. Published online: August 23, 2018. DOI: 10.1001/jama.2018.11025.
https://journals.plos.org/plosmedicine/article?id=10.1371/journal.pmed.0020124
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Laureato in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche (Università degli Studi di Milano) e dottorando presso l'Università Campus Bio-Medico di Roma. E' membro del Systems Biology Group Lab presso l'Università Sapienza di Roma e managing editor della rivista scientifica Organisms Journal. E' giornalista e svolge l'attività di divulgatore scientifico